Un momento penoso, non solo per il fatto di cronaca ma anche per la cronaca stessa che ci è fiorita sopra.
Non so che dire. Pensavamo di essere riusciti con la tecnologia ad emanciparci dalla fame, dalle guerre, dalla violenza. Il tifoso morto il 26 dicembre non fa che ricordarci di quanto la nostra anima bestiale di tanto in tanto trovi una forma e aggredisca la nostra normalità.
Perché ne parlo, rinfocolando una polemica che prevedo già di lunga durata? Perché se mi sono ripromesso di ingaggiare una battaglia culturale, penso che una forma di tifo da parte mia sia senz’altro presente. Non ho scelto di aprire un blog di tecnologia (anche perché le mie competenze in merito sono inferiori a quelle artistiche/di fruizione della cultura).
Non ho scelto però nemmeno di addentrarmi nel complicato terreno dell’opinionismo politico, che spesso ha molto più i connotati di tifo del tifo stesso. No, la cultura non prevede che un michelangiolista investa con la sua auto un pre-raffaellita. C’è posto per la magagna, per l’interesse, per la ruberia e per il malaffare anche nel mondo museale. Ma come si può arrivare dalla bellezza della fruizione artistica a un gesto di violenza deliberata verso chi quella bellezza non la può apprezzare?
Ho sentito giudizi davvero accorati su artisti passati a miglior vita. Ho sentito anche appelli molto entusiastici a finanziamenti settoriali, per aiutare questo o quell’ambito della ricerca accademica.
Non parliamo delle invidie accademiche, per pudore, e per umiltà, visto che le conosco solo per sentito dire e mai in prima persona. E, come Tucidide, racconto quel che ho visto.
L’hanno investito per una partita di calcio. Non ci sono più parole. Mi taccio e porgo un saluto alla famiglia.
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