Hippie, santone, maestro di vita: tutte le etichette affibbiate a Tolstoj vedono un necessario compendio: era un grande scrittore, un grande intellettuale, un convinto moralista.
Checov e Tolstoj
Di Tolstoj, Anton Checov leggeva tutto. Lo conosceva bene, di penna, e non ostentava la mis-conoscenza come forma di arroganza intellettuale, come pure si usa fare in diverse epoche storiche. Nel 1894, dopo un altro viaggio in Europa, a Checov capita finalmente l’occasione di incontrare Tolstoj dal vivo, e l’esperienza lo riempie di concitazione. L’incontro si svolse ovviamente a Jasnaja Poljana, la celebre riserva in cui lo scrittore dimorò a lungo e morì, dove si era fatto costruire appositamente un enorme frutteto in accordo con la polizia russa. “E’ pieno di talento e ha senza dubbio un cuore buonissimo ma al momento non sembra possedere un punto di vista a ben definito sulla vita” dice Tolstoj sul più giovane scrittore.
Vapore o scorza di betulla
La filosofia tolstoiana ha avuto un potente effetto su di me, ha guidato la mia vita per un periodo di sei, sette anni… Ora qualcosa si ribella in me. La ragione e il senso di giustizia mi dicono che vi è maggior amore per l’uomo nell’elettricità e nel vapore piuttosto che nella castità e nel rifiuto di mangiar carne. La guerra è un male, il sistema giudiziario è pessimo, lo so; ma non per questo devo camminare con calzature in scorza di betulla e dormire su una stufa.
Stima intellettuale
Sopra ogni considerazione però, Checov considerava Tolstoj, com’è naturale, un padre spirituale. Al di là delle considerazioni di natura pragmatica sulle scelte filosofiche, lo definì sempre come un genio, un maestro.
Tolstoj è una forza, ha un’autorità enorme, e finché sarà vivo lui il cattivo gusto in letteratura, la volgarità sfacciata e meschina, la vanità grossolana o irritante saranno respinte lontano.
Direi che possiamo considerarla un’attestazione di stima.