Quanto di più temuto da un naturologo dell’epoca, la condanna di Plinio il Vecchio ha impressionato molti studenti.
La condanna dello scienziato
Così mi piaceva concepirlo in adolescenza, come un martire votato alla Verità al di sopra del reale pericolo che questa comportava. L’episodio del Vesuvio che esplode in fiamme e lapilli è indicativo di questa tendenza: la condanna è quella di non abbandonare i ranghi in ogni senso possibile.
Un incidente mortale
Va detto infatti che Plinio il Vecchio non solo volle, come racconta il nipote, arrivare il più vicino possibile al vulcano. Ma anche, e forse soprattutto, voleva mantenere i ranghi, essendo a capo della flotta stanziata al Capo Miseno. L’incidente mortale del quale fu vittima fu quindi anche la fine delle sue scoperte scientifiche, che per l’epoca furono assai promettenti. Ma anche, probabilmente, la fine delle prospettive per il nipote, che certo non sarà stato indifferente a fomentare la fama dello zio, anche per un possibile tornaconto personale.
Lo dico senza intenzioni negative o machiavelliche, semplicemente dopo la Storia romana di Mommsen non credo sia più possibile prescindere da queste interpretazioni res-publicane.
Condannato dalla fame per il sapere
Questo, del “condannato dalla fame per il sapere”, è il profilo che conosciamo di Plinio il Vecchio.
E’ anche piuttosto facile adattarsi a un modello senza conoscere, oltre alla lettera del nipote, altra fonte storica e letteraria. Certo, mi si potrà obiettare, non è facile cogliere un uomo in punto di morte mentre si arrampica sul Vesuvio. E d’accordo, già Plinio il Giovane è stato fortunato a scamparla, probabilmente. Tuttavia va ricollocato nella sua cornice: Plinio il Vecchio era certamente un appassionato di natura, ma anche un uomo del suo tempo.
Condannato dalla sua fame del sapere, sicuramente un ruolo l’avrà giocato anche la fame di gloria.
E possiamo dire che alla fine aveva ragione lui.