Il Papiro di Artemidoro, a lungo considerato un documento storico di inestimabile valore, è un falso. Lo stabiliscono gli studi raccolti nell’inchiesta della procura di Torino nei confronti di Serop Simonian, che nel 2004 riuscì a vendere il reperto, per un corrispettivo di 2 milioni e 750 mila euro, alla Fondazione per l’Arte della Compagnia San Paolo. Una truffa, per i magistrati torinesi, che resterà però impunita: il procedimento è stato infatti archiviato per intervenuta prescrizione.
Un inciso che ricorda molto a chi si è nutrito in giovane età di filologia classica e papirologia.
L’indagine
Scartabellando le pagine di stampa, vedo che il primo esposto pubblico proveniente dal mondo della cultura arriva da Luciano Canfora, nel 2013. Alla Procura di Torino, per la precisione, nel cui Museo Egizio la Fondazione che lo possedeva l’aveva concesso in comodato d’uso gratuito.
Tra le altre figure scettiche compare l’ex direttrice del Museo Egizio di Torino Eleni Vassilika, che sembra essersi rifiutata di esporre il reperto, motivandola con la mancata autenticità del reperto.
Artemidoro, chi è costui?
Artemidoro, un geografo della fine del I secolo.
Colpevole della truffa, un mercante armeno di nome Serop Simonian, che nel 2004 riuscì a vendere il reperto a 2 milioni e 750 mila euro alla Fondazione per l’Arte della Compagnia San Paolo.
A un passo dalla pensione Armando Spataro, capo della Procura di Torino, conclude in bellezza associandosi nelle cronache alla scoperta. Anche se il reato è andato in prescrizione, la falsità del reperto ha segnato un importante passo per la storia dell’antiquariato e del mercato d’arte.
E’ poi eticamente quanto di più corretto si possa immaginare, che un professore come Canfora abbia sbugiardato il reperto. A riprova della competenza che i nostri accademici possiedono, e che decenni di tagli e pubblico discredito, in molti casi, a favore delle Scienze, non sono riusciti a scalfire.