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Foto di Paolo Monti [CC BY-SA 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], via Wikimedia Commons

Accumulazione musicale e seduta di Arman

Polmone verde della mia Milano, il Parco Sempione è molto di più un parco cittadino. Passeggiando nel verde dei prati e lungo i vialetti tortuosi, ci si imbatte in opere di grandi artisti e si ha una visione d’insieme della storia dell’architettura della città. Dal rinascimentale Castello Sforzesco, al neoclassicismo dell’Arco della Pace, fino ad arrivare all’architettura moderna della Torre Branca. 

Le opere più recenti e il contatto con la città

Nel 1973, per la XV Triennale di Milano, nel Parco Sempione trovano posto dodici istallazioni unite dal tema Contatto Arte/Città. Di queste, possiamo ammirarne solo tre opere oggi, anche grazie all’Expo. Sono i Bagni Misteriosi di De Chirico, il Teatro continuo di Burri e la Accumulazione musicale e seduta di Arman. Quest’ultima rappresenta un curioso palco in cemento in cui affiorano le sagome degli strumenti dell’orchestra e le sedie della platea. L’opera, sebbene sia rimasta nella sua collocazione originaria, non ha mai avuto la giusta considerazione, neppure oggi.

Opera ancora più sfortunata e al centro di polemiche, oggi come allora, è il Teatro continuo di Busi. Il teatro a cielo aperto, le cui quinte accompagnano l’occhio verso l’Arco della Pace da un lato e il Castello dall’altro, era stato demolito nel 1989, con grande disappunto dell’artista. Lo scorso anno, il Teatro è stato ricostruito (con grande disappunto di parte della popolazione), in occasione di Expo e del centenario della nascita dell’artista umbro.

Per Expo sono stati riportati all’antico splendore anche i Bagni Misteriosi di De Chirico, opera che merita assolutamente una sosta per essere ammirata nei colori sgargianti voluti dall’artista, prima che il tempo torni a sbiadirli.

Pinacoteca di Brera, Milano

By Welleschik (Own work) CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0), via Wikimedia Commons

Chi, come me, ama Milano e ama l’arte non può perdersi l’appuntamento con la Notte Europea dei Musei, domani 21 Maggio. Questa iniziativa, che è ormai alla sua dodicesima edizione, offre a tutti un’occasione in più per avvicinarsi alle opere artistiche che si trovano nei musei delle proprie città. I musei che aderiscono all’iniziativa estenderanno l’orario di chiusura di tre ore e vi si potrà accedere gratuitamente o al prezzo simbolico di 1 euro.

La Notte Europea dei Musei a Milano

A Milano si può passare una serata in compagnia dei tesori artistici custoditi nella Pinacoteca di Brera e nella Galleria Campari di Sesto San Giovanni.

In quest’ultima, potrete godervi tre visite gratuite straordinarie dalle 19 alle 24, e apprezzare la perfetta miscela tra arte grafica, pubblicità e design, come i manifesti pubblicitari di Munari. La Pinacoteca di Brera, invece, resterà aperta al pubblico fino alle 22:15 e qui vi farete sorprendere, oltre che dalla stupenda architettura del palazzo, dai capolavori di Mantegna, di Tintoretto, Piero della Francesca, Caravaggio, Bellini, Bramante e molti altri artisti.

Non si può non lodare iniziative del genere e non si può, a maggior ragione, non approfittarne. Quindi, se siete a Milano per diletto o per affari, o se ci vivete, ma non avete mai avuto occasione di visitare uno di questi due musei, domani potrebbe essere l’occasione giusta.

potenza economica Milano capitale Skyline

La potenza economica di Milano Skyline di Conte di Cavour [CC BY-SA 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], attraverso Wikimedia Commons

Leggo sul New York Times un articolo di Severgnini dal titolo provocatorio “È Milano la vera capitale d’Italia?” . Non di certo né la prima né l’ultima esternazione della ben nota rivalità o, per meglio dire, del contrasto tra Roma e Milano. Un contrasto che nasce da due diversi modi di pensare, due diverse filosofie di vita, che si traducono in diversità, enormi, anche nello sviluppo economico.

La bellezza di Roma è indiscussa, così come è indiscussa la supremazia economica di Milano. Abbiamo così una capitale di rappresentanza e una de facto.

La forza innovativa, economica e culturale della Milano Capitale

Che Milano sia la capitale economica del Paese lo si capisce dal fermento che si avverte quando si cammina a passo svelto tra le strade della città; lo si vede dallo skyline che grattacielo dopo grattacielo si modifica per prendere i contorni di una metropoli internazionale; lo si sente dai tanti accenti che si sentono per strada, perché Milano, da sempre, attira giovani da ogni parte d’Italia, per studio o per lavoro.

Milano è la capitale della moda, del design, della comunicazione, della finanza. Eventi di portata mondiale, come il recente Salone del Mobile, Expo lo scorso anno, la Milano Fashion Week, lo dimostrano. Di certo non saranno i turisti attratti dal Colosseo o dalle altre infinite opere d’arte della Città Eterna, ma è un via vai di gente che porta con sé progetti e idee, che stimola lo spirito imprenditoriale della città. Uno spirito che, si spera, possa essere divulgato al resto del Paese.

Una delle domande più frequenti che vengono fatte a chi ha raggiunto una posizione di prestigio o un ragguardevole traguardo nel lavoro, nello sport, nella vita è: qual è il segreto del tuo successo?

Il segreto del successo non esiste

Di segreto non c’è niente, dal momento che tutti sanno perfettamente quali sono i fattori che determinano il raggiungimento dei propri obiettivi. Il primo che mi viene in mente è, senza ombra di dubbio, la curiosità.

Prima ancora di definire la propria vocazione, sin dagli anni della formazione, l’essere curiosi, affamati di conoscenza, avere voglia di approfondire cose oltre il nostro campo di studi è il presupposto per sviluppare una mente aperta. Avere una mente aperta e una natura curiosa permette di ragionare fuori dagli schemi, trovare soluzioni innovative e di avere una maggiore spinta per raggiungere i propri obiettivi.

Negli anni della mia formazione, mi incuriosiva tutto. Saltavo da un corso universitario all’altro: oltre ai corsi della mia facoltà, seguivo lezioni di matematica e di fisica, gli insegnamenti dei grandi economisti della London School of Economics. Ho viaggiato e imparato tanto.  Ogni cosa appresa è servita. Ogni insegnamento è una risorsa in più, ma ciò che mi è servito maggiormente è stato circondarsi di persone “indisciplinate”, capaci di pensare in maniera non convenzionale.

Bisogna conoscere cento casi studio di successo, ma essere in gradi di abbandonarli per crearne uno nuovo.

“impegnatevi, superatevi, siate felici”

Tra i tanti modi di fare gli auguri per il nuovo anno, ho scelto queste parole.

Paolo Giorgio Bassi

Approvazione del bilancio 2014, mandato rinnovato all’Amministratore Delegato Ettore Morace e nuova nomina di Paolo Giorgio Bassi Presidente.

Decisioni di indirizzo che sono da annoverare fra i principali risultati dell’ultima assemblea dei soci di Compagnia italiana di navigazione – Tirrenia.

Una doverosa nota aggiuntiva è l’ingresso nel Cda di Emiliano Nitti.

Cifre e volumi per avviare il nuovo corso di Paolo Giorgio Bassi Presidente

L’assemblea è stata anche l’occasione per fare il punto della situazione sui numeri dello scorso anno. Nello specifico sono stati misurati 1,9 milioni di passeggeri imbarcati e 3,6 milioni di metri lineari di mezzi commerciali.

Dati che rappresentano un’ulteriore crescita dei volumi rispetto al 2012. Dall’anno del passaggio di Tirrenia a Cin, l’incremento è stato del +10,8% per il settore passeggeri. Numeri importanti confermati da un +16,2% per i metri lineari e dal fatturato in crescita del 6%.

Ulteriori aggiornamenti sulla vicenda appaiono su diverse agenzie e testate giornalistiche online, fra le quali: Agenzia Ansa, Quotidiano.net, Olbia Notizie, Sassari NotizieLa Gazzetta Marittima, InforMarePazzoperilmare, Informazioni Marittime.

Conversazione con Laura Gherardi: Il banchiere privato

Paolo Bassi. Dopo il liceo, qui a Milano, sono partito per Trento per studiare Sociologia. In quegli anni – era il 1968 – Trento era una comunità universitaria in fermento dentro una città ostile, molto conservatrice.

Una città diversa da Roma, Milano e Torino, e Sociologia era una novità per l’Italia. Lo stesso movimento degli studenti era molto internazionale, collegato con gli studenti berlinesi e francofortesi, in larga parte allievi di Adorno.

Poi, dopo un paio di anni, il movimento è caduto in un degrado assoluto, con diverse frange combattenti a disputarsene le spoglie. E così mi sono messo in movimento e ho deciso di girovagare per le università europee, un girovagare fisico e intellettuale che è durato tre anni, mantenendomi con piccoli lavori e con periodici ritorni a Trento per seguire i corsi che reputavo utili o interessanti e per fare gli esami.

Poi si è laureato e ha iniziato a lavorare nella consulenza…

P.B. Alla LSE avevo conosciuto un professore che lavorava nella consulenza in Italia, ed è stato lui che mi ha introdotto alla società di Pietro Gennaro, a quel tempo il “guru” della consulenza aziendale. Lì ho trovato il mio filo conduttore.

Pietro Gennaro è stato uno dei fondatori della consulenza strategica in Italia, trasferiva il sapere americano nelle aziende italiane, che erano ancora le aziende delle grandi famiglie. In questo campo potevo esprimere una parte di me che nei contesti a cui ero abituato era sacrificata e, nello stesso tempo, materie come la psicologia e l’antropologia mi erano estremamente utili. I miei colleghi, invece, avevano una conoscenza specialistica, venivano per lo più da economia, dalla Bocconi.

Le cose tecniche si imparano presto, ma nella consulenza serve una formazione che non si acquisisce sui manuali, bensì frequentando e lavorando con persone “indisciplinate” quanto a modo di pensare e affrontare i problemi, cioè abituate a pensare in forma non convenzionale, fuori dalle discipline codificate dall’università. Persone che conoscono i cento casi studi di successo, ma sono pronte ad abbandonarli per crearne uno nuovo.

È più utile aver letto Omero da giovane in greco, o saper distinguere le costellazioni in ogni emisfero, che leggere il primo libro nella classifica delle riviste manageriali. Il grande consulente Peter Drucker ci teneva a sottolineare di essere un puro prodotto del ginnasio tedesco degli anni trenta.

In quegli anni ho imparato cosa fosse il value for money, cioè dare al cliente e alla sua attività valore e non chiacchiere. Il dopo Gennaro è legato a un gruppo che avevo incrociato a Boston. Si chiamava MAC Group, al suo interno vi erano persone per le quali avevo lavorato e con loro è iniziata un’attività molto ampia, davvero internazionale.

L.G. Poi è entrato in Montedison.

P.B. Sì. Avevo conosciuto, sempre per lavoro, Mario Schimberni e quando è diventato presidente della Montedison mi ha chiamato nel gruppo di strategia, e quella è stata una storia straordinaria.

Straordinaria perché con lui è entrata in Montedison, nel quartier generale di Foro Buonaparte e all’Istituto Donegani, una generazione di professionisti giovani. E lui, pur con il suo carattere ruvido, sapeva ascoltare. Straordinaria, inoltre, perché in Montedison abbiamo fatto tutto quello che poi in Italia è diventato comune: la prima quotazione con il doppio listino, a Milano e New York, acquisizioni negli Stati Uniti quando nessuno le faceva, ristrutturazioni, cessioni, una comunicazione tutta culturale, con una particolare attenzione agli aspetti scientifici.

Per me è stata una palestra formidabile. Venivano consulenti dall’America: Michel Porter era di casa, ma anche Kissinger. Venivano le banche d’affari. Era un mondo che prima ignoravo o di cui avevo una conoscenza molto vaga. Ho assorbito tutti questi stimoli, poi, nel 1987, il settembre nero, il crollo di Wall Street: avevamo metà delle attività negli Stati Uniti, in un attimo calate del 50%.

Schimberni stava creando una public company. Quella di Montedison era ormai una storia di successo e questo attirava le invidie dell’establishment, ma soprattutto lui aveva guidato scalate ostili e questo non gli è stato mai perdonato. È stato allontanato a seguito della scalata di Gardini alla Montedison con la benedizione dell’élite industriale e finanziaria.

Per un po’ sono rimasto, mi occupavo della parte internazionale.

L.G. Quindi i suoi viaggi all’estero continuavano ed erano frequenti.

P.B. L’America, l’ho girata tutta, facendo spesso colazione in una città e cenando in un’altra.

I viaggi erano un paio a settimana e mi piaceva moltissimo: gli aeroporti sono oggi quello che il porto era ieri. Nel frattempo continuavo la mia attività

di consulente, qui a Milano, dove ho sempre tenuto un ufficio, fin da giovane, in cui seguire i clienti, perché ho sempre pensato di non dovermi legare a uno specifico incarico, qualunque esso fosse. Nello stesso periodo ero anche nel Consiglio di amministrazione della Popolare di Milano, di cui in seguito sono stato nominato vicepresidente, poi presidente dal 1996 al 2001.

La Banca aveva filiali a Londra e negli Stati Uniti: ho fatto, per esempio, il primo collocamento di un’obbligazione sul mercato borsistico americano di una banca popolare italiana.

L’effervescenza era laggiù, quindi continuavo a viaggiare in America. In quegli anni ho anche organizzato alla Popolare alcuni incontri internazionali con la partecipazione di intellettuali e scienziati che vivevano all’estero, come Luigi Luca Cavalli-Sforza.

Il primo confronto internazionale tra il fondatore della genetica delle popolazioni, Cavalli-Sforza, e la sua scuola, e gli studiosi delle origini indoeuropee della nostra civiltà è stato fatto nel salone della Popolare. Oltre ai genetisti, c’erano linguisti come Ruhlen e Villar, archeologi come Renfrew e Lehmann, indologi come Sergent, filologi come Mallory e grandi “irregolari” come Bernal e il nostro Semerano.

Promuovere iniziative di respiro internazionale, al di là delle sovvenzioni alla Scala, mi sembrava il modo in cui un’importante banca “glocale” – di territorio, si direbbe oggi, per i territori del mondo – dialogava con la città. Ma Milano era già in declino: una città vivace, ma liquida: una liquidità mercuriale associata a una liquidità da palude.

Per non apparire troppo pessimista posso pensare, come certi materialisti dell’Ottocento, che in fondo nell’acqua stagnante può fermentare la vita…

L.G. Di Milano ha vissuto tutte le trasformazioni degli ultimi decenni.

P.B. Tutte. Ricordo le pecore in quello che adesso è appena fuori dalla seconda cerchia dei Navigli e che negli anni cinquanta era campagna. Sono nato a Ferrara, ma i miei genitori si sono subito trasferiti a Milano. Sono milanese anche come cultura, a tutti gli effetti: ho fatto le elementari in via Lorenteggio, un insediamento di immigrati, non ci capivamo

perché ognuno parlava il proprio dialetto.

Fino al 1992, la cultura diffusa a Milano era quella lombarda, “protestante”, ovvero univa sobrietà e responsabilità sociale e civile; poi da un lato l’immigrazione dal Sud di professionisti, avvocati, professori ha un po’ sgretolato questo nucleo, dall’altro nel 1992 è stata liquidata un’intera classe dirigente.

La città ha iniziato a diventare sempre più piccola, irrilevante, e l’asse si è spostato su Roma. Roma è già un po’ più aperta, ma siamo comunque lontani da Londra, la città più internazionale che abbiamo in Europa.

L’esempio più calzante di che cos’è Londra lo percepisci nel primo ristorante in cui ti fermi. Un vero microcosmo, dove l’inglese che senti è una lingua franca parlata da persone le cui lingue madri sono praticamente tutte diverse.

L.G. Dopo la presidenza della Popolare quali attività ha svolto? P.B. Quando sono uscito dalla Popolare ho ricominciato a fare il consulente, un’attività che chiamo banchiere privato. Mi occupo di strategie aziendali, di trasferire qui il mio sapere e le mie relazioni.

Infatti, nel mio vantaggio competitivo rientrano le relazioni che ho intrecciato negli anni con persone che appartengono alle élite dirigenti e bancarie degli altri paesi. A Milano ci sono i clienti, è però una rete locale ma debole, perché si fa fatica a scambiare, a creare meccanismi di reciprocità.

Quindi, uscito dalla Popolare, ho ripreso il mio lavoro originario seguendo clienti in Italia e all’estero e creando il mio gruppo, Charta Group – nome

che ricorda la Magna Charta –, il quale riunisce un insieme di società.

Investimenti e Sviluppo nella istruzione universitaria.

Lawrence H. Summers, in un documento pubblicato nel “Progetto Hamilton” il 30 marzo 2o15, sostiene che l’andamento dell’economia negli ultimi decenni, compresi: gli sviluppi tecnologici, la globalizzazione e il commercio elettronico,  hanno indebolito la capacità di guadagno di coloro che godono di bassi livelli di competenze, in particolare di coloro che non possiedono la laurea.

Negli ultimi decenni, i guadagni di coloro che possiedono un diploma di laurea sono aumentati costantemente, mentre i salari di coloro con bassi livelli di istruzione hanno subito una perdita.

Questa linea di analisi porta a ritenere che per perseguire l’obiettivo di una diffusa eguaglianza economica, sarà necessario aumentare il livello di istruzione nella popolazione.

 

Paolo Giorgio Bassi

Nato a Ferrara il 15/04/1950.

Paolo Giorgio BassiLaureato in sociologia, presso l’Università agli Studi di Trento.  Studi in fisica e business administration in Francia e USA.

Dal 1978 consulente con primarie società di Management Consulting internazionali, come Mac Group, Boston ( USA ), di cui fu partner fino al 1992.

Si indirizza verso consulenze di direzione di natura strategica, finanziaria e organizzativa legate alla riorganizzazione di grandi gruppi (in particolare del Gruppo Montedison) e allo sviluppo di nuove iniziative svolgendo la propria attività in Italia, Francia e Stati Uniti.

In particolare si dedica allo sviluppo di processi di internazionalizzazione di aziende europee, seguendo acquisizioni estere, mergers tra aziende di diversi paesi e operazioni finanziarie internazionali in collegamento con le maggiori banche d’affari europee e statunitensi.

Si focalizza particolarmente sull’area della strategia finanziaria collaborando con Merrill Lynch e Fortress (fondo USA), seguendo operazioni in Italia, Germania e Stati Uniti.

Come Presidente della Banca Popolare di Milano si è occupato in modo specifico del settore bancario e finanziario internazionale.

Fino al 2006 è stato docente di Economia e Organizzazione Aziendale presso il Corso di Laurea in Informatica, Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Milano/Bicocca.

Nel 2005 fonda CAF, societa’ leader nella gestione di crediti non performing.

Nel corso dell’attività professionale ha ricoperto cariche di Consigliere di Amministrazione e di Presidente di Consigli di Amministrazione.

Tra le principali :

Presidente Banca Popolare di Milano
Presidente del CdA di Centrobanca S.p.A.
Presidente del CdA di Selma Bipiemme Leasing SpA – Gruppo Bancario Mediobanca
Consigliere dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari;
Vice Presidente e Membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Bancaria Italiana
Consigliere del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi;
Consigliere di Amministrazione di Banca Akros SpA;
Rappresentante italiano nel Consiglio della Banking Federation of the European Union ;
Consigliere di Amministrazione di Dexia Banque S.A., Parigi

Consigliere di Amministrazione di:

Italfondiario S.p.A.
Agos S.p.A.
Agos Itafinco ( Credit Agricole Group )
Standa ed Euromercato;
Intermarine di Savannah (Georgia, USA);
Nikols (primo broker assicurativo italiano);
Luigi Buffetti S.p.A.;
Directfin (Gruppo Fondiaria);
Datamont S.p.A.;
Telemontecarlo
Eurocastle Investment Ltd
Acea S.p.A.

Le principali cariche ricoperte attualmente:

Amministratore Delegato di Centrale Attività Finanziarie S.p.A.
Consigliere di Amministrazione di Regina Catene Calibrate S.p.A. Milano
Consigliere di Amministrazione di Equita Sim S.p.A (già Euromobiliare SIM S.p.A. Milano)
Presidente Gruppo Multimedica Milano
Amministratore Delegato di Mid Industry Capital S.p.A.
Consigliere di Amministrazione di Moby S.p.A.