L’Italia si fa spazio alle premiazioni del 71esimo festival di Cannes. Lasciata sedimentare la notizia qualche giorno, non posso più dare la notizia con l’entusiasmo che un sano campanilismo artistico richiederebbe.

Cannes 2018, nessun campanilismo

Ma no, non c’è campanilismo, non c’è il riconoscimento di velleità territoriali nel mio apprezzamento sincero per la sceneggiatura di Alice Rohrwacher.

Una regista che conoscevo poco, della quale ho poi visto anche Le Meraviglie, che ho trovato struggente, sincero, con una ponderatezza d’altri tempi.

Ha vinto quest’anno a Cannes con un pari merito.

Invito a leggere comunque la recensione di Merenghetti per avere una sinossi ma anche un punto di vista abbastanza schietto e senza le salacità di certa critica cinematografica, che non si può leggere a quanto pare sine previa consultatio maximorum.

Garrone

Ho già parlato di Garrone e della sua “maniera”, che non è in realtà stata valorizzata da premi a regia o simili. Invece, ha vinto Marcello Fonte, miglior attore protagonista, e gli è stato consegnato il premio dalle mani di Roberto Benigni.

Che dire, una fisiognomica che si ricorda, una plasticità facciale notevole, ma soprattutto un’espressività silente che ha dato al personaggio controverso una linea guida che l’ha reso umanissimo allo spettatore.

Ancora due parole su Rohrwacher

Vista la recentissima scomparsa del maestro Ermanno Olmi, e vista la bucolicità e l’universo senza tempo di “Lazzaro felice”, il parallelismo arriva spontaneo.

Ma attenzione, non sto invocando un parallelismo semantico: la differenza tra la Rohrwacher e Olmi è la stessa che c’è tra il Racconto dei Racconti di Garrone e un film Disney. Forse esagero, ma nella Rohrwacher il messaggio morale è, a mio parere, molto più chiaro, e il tono fiabesco non fa scadere mai il film nel documentaristico.

Considerando la de-ideologizzazione della società, considerando la perdita del “senso dell’onore”… Forse se Olmi fosse nato cinquant’anni dopo, farebbe film con Alice Rohrwacher.