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Sulla sponda settentrionale del Lago di Nemi, tra i Colli Albani e a sud di vasti boschi, sorge l’odierna città di Nemi. Anticamente invece della cittadina dimorava qui un santuario di Diana Nemorensis, la Diani dei boschi, circondato da un bosco sacro. Il Boschetto veniva chiamato a volte anche “Boschetto di Aricia”, anche se in realtà la cittadina di Ariccia si trova a 5 km di distanza, ai piedi del Monte Albano. 

Il bosco sacro

In quel Bosco sacro cresceva un albero intorno al quale durante durante i giorni e le notti era possibile vedere aggirarsi una figura truce. Aveva una spada sguainata nella mano destra e si guardava intorno con perenne sospetto.

Come se temesse che un aggressore sarebbe arrivato da un momento all’altro.

Questa figura era un sacerdote e un omicida. Sarebbe stato destinato a cadere prima o poi sotto i colpi del nemico ovvero il prossimo sacerdote. I nuovi candidati al sacerdozio tenevano l’incarico solo uccidendo il proprio predecessore, e occupandosi del sacerdozio finché non sarebbe arrivato qualcun altro a sostituirli.

Il bosco era abitato non solo dai sacerdoti ma anche dei pellegrini che venivano a visitare il luogo teatro di queste cruente uccisioni rituali.

Diana dei boschi

Questa usanza è stata documentata da diversi viaggiatori e ormai risulta assodata. Ma come è possibile che sopravvivesse anche in un’epoca in cui la civilizzazione latina raggiungeva dei picchi considerevoli per il mondo antico, ma soprattutto che sopravvivesse fino all’età Imperiale?

Oggi ci può sembrare davvero inspiegabile. Cerca di dare una risposta a questo quesito lo studioso britannico James George Frazer nel suo testo Il Ramo D’Oro.

Frazer studia la storia del culto della Diana Nemorense, una dea che grazie alle offerte votive ritrovate in loco è stata identificata come una portatrice di buona fortuna, ma anche facilitatrice dei parti, per le donne. 

Pare che il fuoco fosse l’elemento principale del suo rito, e sono state ritrovate diverse statue e bronzo della dea che ragiona torcia nella mano destra alzata. Se ci pensiamo, Vesta è la versione della dea Diana che sta sul focolare domestico, fondo come il tempio di Vesta nel foro romano.

Ma perché questi sacerdoti erano vincolati a trucidarsi a vicenda per tutta la vita? Nella prossima puntata vedremo le origini di questo rituale così macabro.

Come aveva puntualmente notato Carl Gustav Jung, nella storia umana esistono degli elementi ricorrenti.

Non parliamo solo di storia moderna ma anche di storia antica, ma soprattutto mitologia e raffigurazione religioso-folkloristica. Questi elementi ricorrenti esistono anche all’interno di ognuno di noi, sosteneva Jung, e si chiamano archetipi dell’inconscio collettivo.

Le uccisioni rituali

James George Frazer si occupa di un archetipo, benché non lo chiami con questo nome, ovvero quello dell’uccisione rituale. Un esempio sorprendente di una monarchia limitata da uccisione rituale ci viene dal potente regno medievale dei Khazari, nella Russia meridionale. Qui i sovrani venivano messi a morte allo scadere di un determinato periodo, oppure quando una calamità indicava il declino dei loro poteri.

I disastri, le inondazioni, le siccità e le carestie venivano infatti viste inconsciamente come malattie dello stesso sovrano. A noi classicisti questa considerazione richiama una memoria epica: la città di Tebe funestata dalle piaghe perché il suo sovrano si è comportato in maniera impura – anche se in realtà Edipo soddisfaceva il suo Fato, ma questo è un altro discorso.

Anche in alcune popolazioni dell’Africa, riporta Frazer, si svolgono rituali analoghi. Ad esempio l’usanza nel Bunyoro di scegliere ogni anno un sostituto del sovrano da un determinato clan che avrebbe impersonato il re, avrebbe abitato con le vedove nel suo tempio, e dopo una settimana sarebbe stato strangolato.

Sacee babilonesi

L’usanza è parallela alla festa babilonese delle Sacee, dove un sovrano fittizio veniva rivestito con abiti regali, frequentava le concubine del re, e dopo 5 giorni di regno veniva fustigato e messo a morte. 

Anche in altre tribù dell’Africa si è assistito alla messa a morte periodica dei re, in alcuni casi con una sorta di sfida pubblica da parte degli uomini più vigorosi, che avrebbero sfidato in un combattimento il sovrano stesso. 

Insomma, fare il re non era proprio una passeggiata, in diverse tribù dell’antichità!

Ma non pensiamo che sia un tribalismo da cui siamo esenti: accadeva una cosa simile anche nella Grecia antica.

(Continua)

James George Frazer  nacque a Glasgow nel 1854 da una famiglia scozzese del ceto alto.

Fin dall’adolescenza venne destinato alla professione di avvocato che mai però volle praticare.

Frazer, un avvocato mancato

Il suo interesse principale consisteva infatti nelle cosiddette culture primitive, come venivano indicate nei paesi di matrice anglosassone tutte le discipline antropologiche.

Perché stiamo parlando di Frazer?

Perché nel corso di quest’anno vorrei condividere con voi alcune riflessioni che ho fatto in seguito allo studio di questo ex professore di antropologia dell’università di Liverpool, che in realtà a mio parere fu anche artista e storico allo stesso tempo.

Opere

La sua produzione inizia con lo studio della cultura totemica in Australia e Nord America ma prosegue su filoni disparati.

Quello che più colpisce i neofiti della materia quale io sono è la tendenza di Frazer a collegare sempre con magistrale precisione la cultura antica con il folklorismo moderno. Se oggi può sembrare una tendenza comune, vi ricordo che siamo intrisi di Antropologia fin dalle scuole dell’obbligo, mentre all’epoca il sentire comune era diverso.

Vigeva infatti una ferrea distinzione tra ciò che era cultura classica (greca e latina, di solito), studiabile e culla della nostra stessa civiltà, e invece i popoli primitivi di cui sopra.

Il nuovo approccio di Frazer

Oggi l’approccio frazeriano viene studiato ma non è più quello dominante, nell’ottica dell’equiparazione di tutte e culture, anche  di quella cosiddetta occidentale o meglio Atlantica.

Tuttavia penso che l’approccio di Frazer serva soprattutto a chi con lettere o storia antica non ha molto a che fare.

Per un cultore amatoriale della materia, diciamo lo stesso culture che legge il Signore degli Anelli, studiare Frazer è l’apertura archetipica di diverse parentesi.

Ci dimentichiamo spesso che non siamo dei cultori di tutte le materie e che a volte anche una versione non proprio aggiornata a livello accademico può essere comunque molto più pregiata in quanto è di grande valore divulgativo.

Ci vediamo nella prossima puntata con le uccisioni rituali!