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Molti altri sono gli aspetti degni d’interesse nella filosofia di Voltaire. Il fatto che il suo Dizionario filosofico sia fortemente intriso di teologia, anche se provoca una presa di distanza nel filosofo, necessita comunque di essere  conosciuta. Non essendo io proprio un fine conoscitore, mi limiterò a citare le ultime voci che ha riscosso il mio interesse.

Tirannia

Vediamo un attimo le caratteristiche principali del tiranno, come Voltaire lo concepisce:

  1. Si chiama “tiranno” il sovrano che non conosce altre leggi all’infuori del suo capriccio.
  2. Si distingue la tirannia di uno dalla tirannia di molti
  3. E’ preferibile la tirannia di molti. Innanzi tutto perché il tiranno prende delle decisioni giuste, almeno qualche volta, mentre l’assemblea di despoti mai. Poi, è più facile destituire un solo tiranno piuttosto che un gruppo di. “Ho paura che in questo modo si sia ridotti a essere incudine o martello; beato chi sfugge a questa alternativa.

Tolleranza

Un caposaldo della filosofia voltairiana. La tolleranza venne dal filosofo scoperta indagando nel proprio intimo, ma vista in pratica durante il suo soggiorno inglese.

“Che cos’è la tolleranza? L’appannaggio dell’umanità. Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze, è la prima legge di natura”.

Se nelle Borse di Amsterdam, di Londra, di Surat o di Bassora convivono diversissime etnie e religioni, “perché – chiede Voltaire – ci siamo scannati senza interruzione a partire dal primo concilio di Nicea?”. E’ citata la tolleranza dell’Impero romano per tutti i culti che non fossero il paganesimo ufficiale. Ma all’interno delle religioni dominate dai romani, c’è comunque differenza, secondo il filosofo:

“Gli Ebrei non volevano che la statua di Giove fosse a Gerusalemme; ma i Cristiani non volevano che fosse in Campidoglio”.

L’attualità di Voltaire

Leggendo queste pagine sulla tolleranza sembra di sentire certi discorsi contemporanei. E’ innegabile che i termini “ebreo” e “cristiano” potrebbero essere sostituiti in molti dibattiti con “cristiano” e “musulmano”. Come anche, in qualsiasi contesto geopolitico etnicamente dubbio, da qualsiasi etnia locale. Noi siamo più tolleranti, dirà l’etnia dominante, anche se non è proprio l’intenzione di Voltaire replicare la rivendicazione etnica.

Però, se dobbiamo spenderci per rivendicare un’identità, quella illuminista ha varcato le porte dell’oscurantismo e ha inaugurato l’età moderna. L’attualità del discorso di Voltaire non fa che dimostrarlo.

Voltaire parla di Platone

Il rapporto di Voltaire con Platone non è enunciato per intero in un punto unico dell’opera del filosofo francese. Platone è nominato quando si parla di “amore socratico”, inteso in realtà come platonico. La confusione dei dialoghi socratici con quelli platonici temo che mi sia sempre appartenuta, non saprei quindi dire quale sia esattamente la differenza e come facciano i filologi e filosofi a attribuirne uno all’uno piuttosto che all’altro.

Voltaire e il dialogo platonico

L’utilizzo di diverse forme retoriche dimostra la sterminata cultura di Voltaire, in realtà comune all’epoca per gli intellettuali che volessero considerarsi di un certo calibro. Tra quelle più standard c’è il dialogo platonico (o socratico!).

Prendiamo una voce tra le tante, che è “necessario”. Qui il dialogo si svolge tra i due personaggi Osmin e Selim. Il primo è l’interrogante, il Socrate, che attraverso le sue domande apparentemente ignoranti nasconde una sapienza che conduce l’altro, l’interrogato, verso la verità. 

Il Necessario

Quindi, la nozione filosofica di “necessario” è elaborata seguendo lo schema del dialogo platonico/socratico. 

Osim “Come accade dunque che taluni uomini nascano privi di queste cose necessarie?”

Selim “E’ che le leggi generali della natura hanno apportato degli accidenti che hanno fatto nascere dei mostri; ma in generale l’uomo è provvisto di tutto ciò che gli occorre per vivere in società.

Insomma, entrambi i deuteragonisti sono ben consapevoli e convinti della conquiste del pensiero illuminista. Però ne servivano due, per completare il processo maieutico.

Il Dizionario Filosofico fu pubblicato  anonimo nel 1764 con data di Londra, ma stampato a Ginevra, con il titolo originale “Dizionario filosofico portatile”. Un tascabile ante litteram , potremmo dire.

I bersagli

Metafisica studiata nelle scuole, assurdità della religione, abusi politici e sociali. Il ruolo dell’intellettuale nei confronti di questi temi si delinea più che mai nel Dizionario Filosofico, che per certi versi diventa anche un Prontuario all’azione, preludio forse all’engagement di natura più spiccatamente novecentesca.

Il segreto dell’efficacia sta sia nel formato tascabile, sia nel tono scherzoso con il quale vengono affrontate le tematiche bibliche.

Il sostegno all’Enciclopedia

L’opera vuole dare implicitamente sostegno all’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert. Sebbene si sappia che il pubblico illuminato non potrà che essere minoritario, il tentativo verso la divulgazione è evidente, e a contrasto pure evidente contro l’elitismo e la massoneria dei saperi.

La prima voce, “abate”

Per iniziare sulla scorta dell’anticlericalismo, la prima è voce è nientemeno che “abate”. Il tono, decisamente ironico e parodistico. “L’abate spirituale era un povero e guidava molti altri poveri; ma i poveri padri spirituali ebbero in seguito ducento, quattrocentomila lire di rendita; e oggi in Germania ci sono dei poveri padri spirituali che hanno un reggimento di guardie!” Non è difficile intuire l’ironia ripetuta sottesa a questa iconica descrizione.