Giudice severo che scatena emozioni da cui non possiamo fuggire: la poesia torna al centro della cultura milanese con un festival a lei dedicato. Una vetrina interessante, con un particolare sguardo di approfondimento sulla situazione donna oggi e sulla lingua italiana, la più bella del mondo.
Poesia, tema controverso e amore tormentato. La si ama o la si odia, non vi sono spazi nel mezzo. Sia che si parli della poesia con accezione più classica, sia che se ne parli in chiave moderna, questa elevata forma d’arte nasce per descrivere i sentimenti che ci coinvolgono e sconvolgono nel quotidiano. È un giudizio che ci lascia disarmarti, si dirige direttamente alle nostre emozioni, lasciando poco spazio alla logica e alla razionalità. Mi sono sempre stupito di quanta potenza abbia questa arte, di quanto possa far tremare le nostre certezze riuscendoci a leggere dentro. Bastano poche righe e tutto si compie.
Dando uno sguardo alla mia libreria un dolce ricordo mi sopraggiunge: nelle calde giornate primaverili ero solito prendermi qualche istante per me, in quei momenti di calma, di pace, adoravo sedermi nel parco e leggere. Ricordo con piacere Montale. Meraviglioso come ci si possa ritrovare a provare gli stessi sentimenti di uno sconosciuto, come tramite ad una lettura si venga catapultati in una sensibilità del tutto nuova.
La poesia da giudice dell’esistente a concreta opportunità
La poesia è sempre stata un giudice della realtà: quando impietosa ci mostra, senza appello alcuno, la deriva della nostra società, quando senza filtri ci rivela la disperazione che molto spesso siamo noi a creare. Opportunità e gemma di speranza quando la si sfrutta come punto di partenza, come base per non dimenticare.
Come meglio concludere questa breve dissertazione se non proprio con una poesia, una di quelle che lasciano il segno, una di quelle dalla quale non ci si può nascondere. Eugenio Montale:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
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