Gus Van Sant è un regista noto per la sua audace sperimentazione cinematografica e la sua capacità di sfidare le norme tradizionali del cinema. Con una carriera che spazia dal cinema indipendente alle produzioni hollywoodiane, Van Sant ha dimostrato di essere un cineasta eclettico e innovatore. In questo articolo, esploreremo la vita, la carriera e lo stile distintivo di Gus Van Sant.
Una Carriera Eclettica
Gus Van Sant è nato il 24 luglio 1952 a Louisville, Kentucky, e ha iniziato la sua carriera nel cinema come regista indipendente. Il suo primo lungometraggio, “Mala Noche” (1985), è diventato un classico del cinema queer indipendente. Il film, girato in bianco e nero con un budget limitato, ha attirato l’attenzione per la sua rappresentazione cruda della vita notturna di Portland, Oregon.
Dopo il successo di “Mala Noche,” Van Sant ha continuato a dirigere film indipendenti, tra cui “Drugstore Cowboy” (1989) e “My Own Private Idaho” (1991). Questi film hanno consolidato la sua reputazione come regista audace e innovatore nel panorama del cinema indipendente.
Tuttavia, Van Sant ha anche lavorato in produzioni hollywoodiane, dirigendo film come “Good Will Hunting” (1997), che ha fruttato a Matt Damon e Ben Affleck l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale. Questa commedia drammatica ha dimostrato la versatilità di Van Sant come regista, mostrando la sua abilità nel dirigere storie di cuore e intelligenza.
Uno dei punti salienti della carriera di Van Sant è stato “Elephant” (2003), un film che affronta il tema della violenza nelle scuole e si ispira ai tragici eventi della sparatoria alla Columbine High School. Il film è stato premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes ed è stato elogiato per il suo stile sperimentale e la sua rappresentazione di una giornata scolastica attraverso diversi punti di vista.
Sperimentazione Cinematografica
La sperimentazione cinematografica è un elemento chiave dello stile di Gus Van Sant. Nel corso della sua carriera, ha utilizzato una varietà di tecniche e stili visivi per raccontare le sue storie in modi non convenzionali. Ad esempio, “Gerry” (2002) e “Last Days” (2005) presentano lunghi piani sequenza e una narrazione lenta, catturando l’atmosfera e l’esperienza dei personaggi in modo unico.
In “Elephant,” Van Sant ha adottato un approccio pseudo-documentaristico, con una regia che sembra fluire senza soluzione di continuità attraverso gli spazi della scuola. Questo stile permette allo spettatore di immergersi completamente nella storia e di comprendere l’angoscia e la confusione dei personaggi.
Un altro esempio di sperimentazione di Van Sant è “Milk” (2008), una biografia del politico e attivista gay Harvey Milk. Il film è stato girato con una sensibilità che cattura l’epoca degli anni ’70 e il movimento per i diritti LGBTQ, offrendo uno sguardo autentico sulla vita di Milk.

Mi sembra difficile valutare la portata effettiva di questa industria in termini assoluti. 

Stiamo cavando il sangue da una rapa? Oppure l’industria dei giornali è ancora in piedi e, nonostante tutto, si difende meglio rispetto ad altre industrie dei media? 

Qualcosa di interessante ce lo dice il report di Wan-Ifra, l’associazione degli editori di notizie che rappresenta circa 18.000 pubblicazioni in 120 paesi. Un report che fotografa lo stato attuale dell’industria dei giornali.

La stampa nel 2022

Il valore dei ricavi globali della stampa cartacea nel 2022 è stimato a 130,02 miliardi di dollari, un dato che comprende sia i ricavi derivanti da giornali e riviste quotidiani e settimanali, sia quelli digitali che cartacei, derivanti sia dalla diffusione che dalla pubblicità. Sono inclusi anche “altri flussi di entrate”, che considerano attività come l’e-commerce, l’organizzazione di eventi e il marketing editoriale per conto terzi.

Per avere un’idea delle proporzioni rispetto ad altri media, consideriamo i ricavi globali del 2022. I 130 miliardi di dollari superano di cinque volte i ricavi dell’industria discografica, stimati in 26,2 miliardi di dollari (in crescita dopo il collasso dei primi anni Duemila), e i ricavi del Box Office, stimati in 25,9 miliardi di dollari (in lenta ripresa ma ancora lontani dai più di 40 miliardi di dollari pre-pandemia). 

Inoltre, si avvicinano molto al mercato globale delle Pay TV, stimato in 151 miliardi di dollari, e rappresentano poco più della metà dei ricavi dei videogiochi, stimati da PwC in 235,7 miliardi di dollari.

Nel dettaglio, i ricavi globali derivanti dalla diffusione ammontano a 61,5 miliardi di dollari, rappresentando la voce più significativa (47%) dei ricavi totali. La pubblicità, invece, vale 53 miliardi di dollari (41%), mentre gli “altri ricavi” ammontano a 15,7 miliardi di dollari (12%). Diversificare il portafoglio, come in altri settoir, è diventata sempre più una necessità.

Nel confronto tra formati cartacei e digitali, il digitale ha un valore complessivo di 22,8 miliardi di dollari (di cui 8,4 miliardi provenienti dalla diffusione e 14,4 miliardi dalla pubblicità), mentre la stampa cartacea raggiunge i 91,7 miliardi di dollari (53,1 miliardi dalla diffusione e 38,6 miliardi dalla pubblicità).

Ricavi del cartaceo

In pratica, la stampa cartacea rappresenta ancora il 70% dei ricavi totali, mentre il digitale rappresenta l’18%. Come già menzionato, gli altri flussi di entrate contribuiscono al 12% complessivo. Rispetto all’anno precedente, i ricavi complessivi sono diminuiti di circa 700 milioni di dollari, una variazione minima corrispondente a circa lo 0,7%. Questo risultato rappresenta una battuta d’arresto per chi si aspettava una crescita, anche se lenta, negli anni successivi alla pandemia. Rispetto al 2021, la stampa cartacea perde 2,8 miliardi di dollari, mentre il digitale “guadagna” 1,3 miliardi di dollari. Tuttavia, a ridurre il saldo negativo nel confronto anno su anno, contribuiscono anche gli “altri flussi di entrata” per un totale di 800 milioni di dollari.

Ma quante persone sono disposte a pagare per le notizie? 

Un dato interessante è il numero di lettori che pagano per accedere alle notizie. Nel 2022, si stima che vi siano 57,6 milioni di lettori paganti digitali e 525,3 milioni di lettori paganti di giornali cartacei. 

Complessivamente, la stampa cartacea perde 23,2 miliardi di dollari (di cui 14,1 miliardi rappresentano minori ricavi pubblicitari sulla stampa), mentre i ricavi digitali guadagnano poco meno di 3 miliardi di dollari, mitigando le perdite solo in minima parte.

“Zanardi” di Andrea Pazienza per Davide Enia, “Sotto il vulcano” di Malcolm Lowry per Franco Branciaroli, “I fratelli Karamazov” per Emma Dante, “Narratore delle pianure” di Gianni Celati per Nanni Moretti, “Oblio” di David Foster Wallace per Liv Ferracchiati e “Infinite Jest” per Antonio Latella sono alcuni dei libri che hanno maggiormente influenzato gli artisti teatrali della prossima stagione del Piccolo Teatro. Questi titoli saranno esposti nel foyer del teatro Grassi, anticipando il tema scelto per il 2023/24: “Il corpo delle parole”.

La fisica delle parole

Il direttore Claudio Longhi promette un’esperienza teatrale profondamente legata alla “fisica delle parole” nel cartellone della nuova stagione del Piccolo Teatro. I romanzi saranno il punto di partenza, iniziando con il ritorno de “Il barone rampante” (Grassi, 27 settembre-8 ottobre) di Italo Calvino, diretto da Riccardo Frati, per celebrare il centenario dello scrittore. Anche Marco Paolini farà ritorno con due serate dedicate al Vajont e il nuovo spettacolo “Boomers”.

La letteratura ispira anche il nuovo lavoro di Emma Dante basato su “Lo cunto de li cunti” di Basile, la rivisitazione di Fahrenheit 451 del collettivo Sotterraneo e il debutto alla regia al Piccolo di Claudio Longhi con “Ho paura torero” di Pedro Lemebel (2001), interpretato da Lino Guanciale, previsto per l’inizio del 2024.

Nanni Moretti si cimenta a teatro

Nanni Moretti debutterà nella regia teatrale con due commedie di Natalia Ginzburg, “Fragola e Panna” e “Dialogo”, riunite sotto il titolo “Diari d’amore” (Grassi, 14-26 novembre). Inoltre, Liv Ferracchiati, artista associato al Piccolo, porterà in scena un testo originale ispirato a “Il gabbiano” di Čechov, mentre Pascal Rambert proporrà “Durante”, il secondo testo del trittico pensato per il Piccolo. Infine, “Bidibibodibiboo”, scritto, diretto e interpretato da Francesco Alberici (vincitore del premio Ubu 2021 come miglior attore/performer), offrirà un ritratto critico del mondo del lavoro nell’era di Amazon.

Uno degli scogli principali a cui va incontro chi si avvicina al teatro per la prima volta è il tipo di recitazione. Abituati alla recitazione naturalistica e sommessa del cinema, spesso troviamo innaturale la declamazione che anche nel linguaggio comune designiamo come “teatrale”.

Vediamo il problema dal punto di vista del dibattito, e poi del dibattito attoriale con particolare attenzione alle opere di Shakespeare.

Le due scuole di pensiero e i successivi movimenti teatrali erano distinti e separati, anche se confusi con le tempistiche storiche e le somiglianze di stile. Di conseguenza, il passaggio a una forma più autentica di dramma sul palcoscenico tra la metà e la fine del XIX secolo è spesso considerato un unico periodo. Se il realismo e il naturalismo nel teatro sono due movimenti, quale dei due è nato prima? 

Una cosa è certa: i melodrammi esagerati e pieni di spettacolo dell’inizio e della metà del XIX secolo sono oggi definitivamente tramontati (anche se a molti poco avvezzi al teatro spesso non sembra così).

In termini di stile, le parole realismo e naturalismo sono spesso erroneamente usate per significare la stessa cosa. 

Sono simili, sì, ma non identiche. Alcuni studiosi si riferiscono al sistema di Stanislavski come premessa per la recitazione naturalistica, mentre altri si riferiscono a questo sistema per la recitazione realistica, giusto per citare un caso comune. La recitazione naturalistica nei drammi naturalistici è diversa dalla recitazione realistica nei drammi realistici. Le esigenze dell’attore sono diverse, sia per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, sia per quanto riguarda gli scenografi, le proprietà e i costumi, sia per quanto riguarda il soggetto, che spesso è diverso.

Tecniche di Realismo e Naturalismo

Il drammaturgo norvegese Henrik Ibsen è spesso considerato il padre del realismo.

Qui i personaggi sono quotidiani, più afferenti alla commedia che alla tragedia greca (come vorrebbe l’aristotelica definizione). 

Il movimento realista nel teatro e il conseguente stile di rappresentazione hanno influenzato notevolmente il teatro e il cinema del XX secolo e i suoi effetti si fanno sentire ancora oggi.

All’inizio del XX secolo, l’America si è impadronita di questo stile di rappresentazione (realismo americano) e di recitazione.

Le ambientazioni dei drammi realistici sono spesso blande (deliberatamente ordinarie)

i dialoghi non sono amplificati per l’effetto, ma sono quelli di un discorso quotidiano. Inoltre, 

il dramma tende allo psicologico: la trama è secondaria e l’attenzione principale è posta sulla vita interiore dei personaggi.

Recitazione naturalistica

A questo quadro bisogna aggiungere la recitazione di tipo naturalistico, ovvero non declamatoria. Tra gli attori shakespeariani, questo è un dibattito molto diffuso: il crinale è tra il rischio di non piacere per eccessiva pomposità (fedele alla linea) oppure il tradimento dell’altezza del testo originale, pena di un’eccessiva semplificazione.

Il dibattito è ancora aperto, soprattutto su Shakespeare. Mi sentirei di dire che è opportuno, come in ogni ambito procedurale artistico, trovare un common ground. Ma soprattutto, lasciare il giudizio a chi già abilmente si occupa del ruolo di testimone di questo immenso drammaturgo: gli attori.

Le valutazioni economiche e contestuali che si potrebbero fare sono molte, ma stavolta vorrei fare un salto nel tecnico. Qual è la differenza tra intelligenza artificiale forte e intelligenza artificiale debole?

Intelligenza artificiale forte

L’intelligenza artificiale forte, anche conosciuta come IA generale, si riferisce a un tipo di intelligenza artificiale che ha la capacità di comprendere, apprendere e applicare la conoscenza in modo simile agli esseri umani. Questo tipo di IA si presta a qualsiasi compito intellettuale che un essere umano può addossarsi. È dotata di autoconsapevolezza, ragionamento e apprendimento autonomo, ma soprattutto è un concetto integralmente teorico, elaborato solo in seno a un dibattito accademico e mai pienamente realizzato.

Intelligenza Artificiale Debole

L’intelligenza artificiale debole, o IA specifica, è quella che è stata progettata per svolgere compiti specifici e funzioni predefinite senza possedere una vera comprensione o coscienza di sé, come i programmi per generare automaticamente immagini, o ChatGPT, o gli algoritmi in grado di riconoscere le espressioni facciali, e molto altro. Questo tipo di IA è limitato nelle sue capacità e può eseguire solo le attività per cui è stata programmata. Abbiamo anche gli assistenti virtuali come Siri o Alexa, ma anche, per entrare nel mondo più business, i filtri di spam nelle mail.

La differenza principale tra intelligenza artificiale forte e debole risiede nelle loro capacità e nelle loro applicazioni. L’IA forte è teoricamente in grado di eseguire qualsiasi compito intellettuale come un essere umano e possiede autoconsapevolezza, mentre l’IA debole è limitata a compiti e funzioni specifici e non ha una vera comprensione o coscienza di sé.

Detto ciò: a chi interessa principalmente un dibattito che non sia speculativo sulla possibilità di creare l’intelligenza in vitro?

Intendo: siamo davvero così ansiosi di ricreare uno scenario fantascientifico in cui le vecchie professioni vengono spazzate via, le catene di comando iniziano a eludere i sistemi democratici e si tecnicizzano? Siamo sicuri che vogliamo l’arte in mano all’intelligenza artificiale forte?
 

Io probabilmente non vedrò la sua ascesa (dell’IA forte) ma posso vaticinarlo: sarà una rivoluzione tecnologica, e soprattutto sociale.

Viviamo in un momento storico di inflazione, e quindi è il momento: è il momento per tutti coloro che mai si sono informati di finanza di entrare in contatto con alcuni termini fondamentali quantomeno per capire cosa sta succedendo alle Borse, all’economia reale e anche alla nostra vita quotidiana. 

Significato

“Fiscal drag” è un termine economico che si riferisce all’effetto negativo della crescita dei salari e dell’inflazione sulle entrate fiscali dello Stato. In sostanza, quando i salari e l’inflazione aumentano, le persone possono trovarsi in fasce di reddito più elevate, il che può portare a un aumento delle imposte pagate al governo. Tuttavia, se le tasse e le detrazioni fiscali non vengono aggiornate per tener conto di questi cambiamenti, le persone potrebbero finire per pagare una percentuale maggiore del loro reddito in tasse rispetto a prima, rallentando così la crescita economica.

Esempio pratico

Immagina che il tuo salario annuale sia di 35.000 euro e che tu sia soggetto a un’aliquota fiscale del 20%. Supponiamo che l’aliquota fiscale aumenti al 25% per redditi superiori a 40.000 euro. Se ricevi un aumento salariale del 10%, il tuo salario annuale passerebbe a 38.500 euro e continueresti a pagare il 20% di tasse.

Tuttavia, se l’inflazione aumenta e il tuo salario viene adeguato di conseguenza, potresti superare la soglia dei 40.000 euro. Ad esempio, se il tuo salario venisse adeguato del 15% per tener conto dell’inflazione, il tuo salario annuale salirebbe a 40.250 euro, spingendoti nella fascia di reddito superiore e aumentando la tua aliquota fiscale al 25%. In questo caso, avresti un maggiore onere fiscale a causa dell’effetto del fiscal drag.

Come ridurre l’impatto del fiscal drag

Per ridurre l’impatto del fiscal drag, i governi possono adeguare le fasce di reddito e le detrazioni fiscali in base all’inflazione e alla crescita salariale, in modo da evitare che un numero eccessivo di contribuenti si trovi in fasce di reddito più elevate e paghi aliquote fiscali più elevate.

Continuiamo dopo l’articolo sulle SPAC con qualche ripassino finanziario. Oggi, per la gioia di chi ama il brivido, parleremo di short-selling.

Il short-selling è un tipo di operazione finanziaria che consente ai trader di guadagnare profitti anche quando il prezzo di un titolo scende. Sembra adrenalinico, e in effetti lo è!

Come però spesso accade in finanza, non è tutto oro quel che luccica.

Come funziona il short-selling

In sostanza, il short-selling funziona in modo opposto all’acquisto di azioni. Invece di acquistare un titolo e aspettare che il prezzo aumenti per poi vendere, con lo short-selling si vende un titolo che si prevede possa scendere di valore in futuro. Di conseguenza, quando effettivamente il prezzo scende, il trader acquisterà il titolo al nuovo prezzo più basso per poi rivenderlo a un prezzo ancora inferiore, incassando la differenza.

Il short-selling, dunque, è una strategia utilizzata dai trader che si basa sulla capacità di individuare i titoli che possono subire una correzione al ribasso. In questo modo, i trader possono effettuare guadagni anche in caso di mercati in ribasso, scommettendo contro le previsioni degli analisti o delle compagnie che emettono i titoli stessi.

Short-selling: attenzione a non ridere in faccia al rischio!

Va però sottolineato che il short-selling deve essere effettuato con molta attenzione in quanto si tratta di un’operazione rischiosa. Infatti, se il prezzo del titolo sale anziché scendere, il trader dovrà comunque acquistarlo per coprire la sua posizione, subendo una perdita economica. In alcuni casi, se il prezzo del titolo continua ad aumentare, le perdite possono essere molto elevate.

Per questo motivo, il short-selling è spesso considerato uno strumento finanziario riservato ai trader esperti, anche se ultimamente è diventato sempre più accessibile anche ai trader privati grazie alle piattaforme di trading online.

Il vantaggio è che può essere effettuato su diversi tipi di titoli, dalla azioni ai bond, ai futures e anche alle valute. Tuttavia, a seconda dei mercati e dei regolamenti, potrebbero esistere alcune limitazioni o restrizioni sulle operazioni di short-selling.

Inoltre, proprio per la natura rischiosa e complessa delle operazioni di short-selling, gli organismi di vigilanza finanziaria di alcuni paesi hanno introdotto regole specifiche per limitare l’uso delle operazioni di short-selling. Questo per evitare che i trader possano manipolare il mercato e creare panico.

Insomma… Se non si fosse capito sto consigliando ai trader non esperti di desistere dal short-selling.
Davvero, meglio affidare le proprie finanze o a un professionista qualificato, o a strumenti più lenti, ma più affidabili.

Le Special Purpose Acquisition Companies, conosciute anche con l’acronimo “SPAC”, sono una nuova forma di strumento di investimento che sta prendendo sempre più piede nel mondo della finanza.

Cosa sono le SPAC

Una SPAC è una società fondata con l’unico scopo di raccogliere fondi tramite un’offerta pubblica iniziale (IPO, Initial Public Offer), per poi acquisire un’altra società esistente, solitamente una startup o una società a bassa capitalizzazione. Una volta raccolti i fondi, la SPAC ha 24 mesi per acquisire l’azienda target. Se l’acquisizione non avviene, i fondi vengono restituiti agli investitori.

La storia delle SPAC

Le SPAC sono state introdotte per la prima volta negli Stati Uniti negli anni ’90, ma sono diventate popolari solo negli ultimi anni. Nel 2019, le SPAC hanno raccolto circa 13,6 miliardi di dollari, mentre nel 2020 hanno raccolto oltre 83 miliardi di dollari. Molte società di investimento hanno creato le loro SPAC, tra cui Pershing Square con la sua Pershing Square Tontine Holdings.

A chi conviene investire in SPAC

Rispondiamo alla vera domanda che si pone l’investitore: le SPAC convengono? 

Per prima cosa, devo mettervi in guardia: sono una forma di investimento ad alto rischio, ma possono essere anche molto redditizie. 

In generale, le SPAC sono adatte ad investitori che hanno una buona comprensione dei mercati finanziari e delle società in cui intendono investire. Le SPAC possono offrire agli investitori l’opportunità di investire in società innovative e di crescita a un prezzo inferiore rispetto all’acquisto diretto di azioni dopo l’IPO. Tuttavia, gli investitori dovrebbero valutare attentamente i rischi associati alla SPAC, tra cui la possibilità che l’acquisizione non avvenga o che l’azienda acquisita non sia redditizia.

Sono redditizie?

Seconda domanda scottante. La redditività delle SPAC dipende dalla capacità della società di acquisire un’azienda target di successo. Se l’acquisizione ha successo, gli investitori possono vedere un aumento significativo del prezzo delle azioni della SPAC. Tuttavia, le SPAC sono ad alto rischio, e gli investitori dovrebbero valutare attentamente i rischi prima di investire. Inoltre, i costi associati alle SPAC sono generalmente più elevati rispetto a quelli delle IPO tradizionali, il che può avere un impatto sulla redditività degli investimenti.

Come al solito, concludo con un: siamo sicuri che ne sai abbastanza per investire?
Fortuna prodentes iuvat.

Continua dal precedente.

“Anche tu, Bruto?” (Giulio Cesare)

Quando Giulio Cesare si accorge che il suo amico Bruto è tra i cospiratori che tramano contro di lui, chiede il notissimo “tu quoque, Brute?”. Questa espressione viene ora utilizzata per indicare un momento di tradimento, spesso in uno scenario tragico o inaspettato.

“Sono venuto a seppellire Cesare, non a lodarlo”. (Giulio Cesare)

Questa classica frase tratta dall’elogio funebre di Marco Antonio per Cesare è ancora oggi un’espressione popolare. Denota una situazione in cui qualcuno finge di fare una cosa ma in realtà ha intenzioni ben diverse. Le persone usano ancora questa frase per rivelare le loro vere intenzioni quando cercano di uscire da una situazione difficile.

“Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!” (Riccardo III)

Re Riccardo III grida questa famosa frase durante la battaglia di Bosworth Field, dopo che il suo cavallo è stato ucciso sotto di lui. La citazione ora simboleggia il modo in cui diamo priorità e valore alle cose nella nostra vita. Ci ricorda che a volte dobbiamo fare un grande sacrificio per ottenere qualcosa che vogliamo davvero.

“Cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa con un altro nome avrebbe un profumo altrettanto dolce”. (Romeo e Giulietta)

Giulietta sostiene che non è importante il nome di Romeo, ma piuttosto il suo carattere. Questo detto è ancora oggi comunemente usato per sostenere che la sostanza di una cosa è più importante del suo nome. Ci ricorda che giudicare una cosa dal suo nome può essere da ignoranti.

“La colpa, caro Bruto, non è delle nostre stelle, ma di noi stessi, che siamo subalterni”. (Giulio Cesare)

In questa citazione da Giulio Cesare, Cassio dice agli altri cospiratori di non dare la colpa delle proprie mancanze al destino. Questa citazione risuona ancora con le persone che si sentono frenate da qualche forza esterna o dalle circostanze. Ci ricorda che, in ultima analisi, siamo noi a controllare il nostro destino.

“Sii fedele a te stesso, e ne consegue che, come la notte il giorno, non puoi essere falso con nessuno”. (Amleto)

Polonio dà questo eccellente consiglio al figlio Laerte nell’Amleto. È un detto sempreverde usato per incoraggiare le persone a essere fedeli a se stesse, a seguire i propri sogni e a rimanere oneste in tutti i rapporti con gli altri. Spesso viene dato come consiglio di vita alle persone che cercano di conoscere se stesse.

 

Oggi vorrei coinvolgervi – o tentare di farlo – in un giochino shakespeariano. Ho pensato a quali fossero le citazioni rimasse più affisse nel nostro immaginario, e le ho volute riportare qui.

Non me ne vogliano i critici più seri, che ho cercato di accontentare prendendo seriamente il Coriolano. 

Rispondo a costoro come direbbe sir Toby a Malvolio ne La Dodicesima Notte:

“Pensi che solo perché tu sei virtuoso non dovrebbero più esistere torte e birra?”

Inizio.

Le citazioni shakespeariane più famose

“Essere o non essere, questo è il dilemma”. (Amleto)

Questa citazione dal soliloquio di Amleto è una delle battute più riconoscibili di Shakespeare. È la contemplazione della vita e della morte e se valga o meno la pena di vivere. È una domanda che ha pesato sulla mente di molte persone nel corso della storia, rendendola una frase particolarmente toccante per i secoli.

“Tutto il mondo è un palcoscenico, e tutti gli uomini e le donne sono solo attori”. (Come vi piace)

Shakespeare rivela in questa citazione che la vita è una rappresentazione teatrale per la quale tutti noi dobbiamo recitare. Ogni decisione che prendiamo, ogni azione che compiamo, fa parte del nostro ruolo nel mondo. Ci ricorda che siamo tutti attori nel grande schema delle cose e funge da metafora per il modo in cui interagiamo gli uni con gli altri nel mondo.

“O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo?” (Romeo e Giulietta)

Immancabile. Il famoso lamento di Giulietta è usato oggi per esprimere il desiderio di qualcuno per un’altra persona. È una domanda a cui ci si può riferire perché simboleggia il desiderio straziante di qualcosa che sembra irraggiungibile. Ormai cliché romantico, questa citazione racchiude in realtà un sentimento sempiterno.

“Non è tutto oro quello che luccica”. (Il mercante di Venezia)

Il nobile Antonio dice questa frase a un altro personaggio, avvertendolo di stare attento alle apparenze. Questo saggio consiglio è ancora attuale. Spesso si commette l’errore di giudicare gli altri dall’aspetto o da ciò che possiedono, senza conoscere la loro vera natura. Questa citazione ci ricorda di fare attenzione quando si fanno supposizioni.