Sento sempre più spesso persone anche del Nord Italia che utilizzano correntemente il termine “sciapo”. Chiunque abbia visto almeno un film in romanesco, anche non necessariamente stretto, ha imparato a riconoscere questo termine come sinonimo di “insipido”, “insapore”.

Però quando è successo che “sciapo” ha smesso di essere considerato un’esoticheria, ed è diventato italiano?

Ho fatto una piccola ricerca.

“Sciapo” è italiano… ma non troppo 

A una prima rapida ricerca, si scopre che alcuni dizionari enciclopedici definiscono il termine “sciapo” come un regionalismo centro-italiano.

Tecnicamente, quindi, non fa parte della lingua italiana, se non come variante locale – però attenzione: non dialettale!

Etimologia

La parola “sciapo” ha una derivazione dal latino “insipidus,” che significa “senza sapore” o “insipido”. La trasformazione linguistica e fonetica ha portato all’evoluzione del termine nel corso del tempo, passando attraverso varie lingue e cambiando leggermente la sua forma. “Sciapo” in italiano riflette questa evoluzione e continua a essere utilizzato per indicare qualcosa di privo di sapore o poco interessante. 

Ma abbiamo anche una derivazione greca.

L’origine del termine “sciapo” è collegata al termine “sképos,” che significa “inconsistente” o “senza gusto.”

Inconfondibile quindi la derivazione mediterranea.

Cambiamo gli accenti

La cosa che più mi ha divertito durante le mie ricerche su Google è stato vedere la domanda: “come si scrive sciapò?”.

Inizialmente non avevo capito. Possibile che fosse un errore di battitura?

Poi ho ripetuto il termine tra me e me.

E poi ho incontrato un’altra domanda, che mi è stata d’indizio: “cosa vuol dire bravo, sciapò?”.

Bingo.

L’ignoranza diffusa ha colpito ancora, ma stavolta in modo capillare, massificato.

Chapeau. Come ho fatto a non pensarci prima?

Ecco che nell’abisso dei burocratismi, degli anglismi e dei gerghi tecnici che trovano sempre maggiore palcoscenico, torniamo a considerare Chapeau come un termine esotico, dall’origine incerta, entrato a pieno titolo nell’italiano parlato correntemente. 

Il Mukbang, fenomeno nato in Corea del Sud, rappresenta un curioso esempio di come le dinamiche sociali si evolvano nell’era digitale. 

Da giovane mai avrei immaginato che la gente si sarebbe seduta davanti a uno schermo per guardare qualcuno che mangia in modo smodato. Questo comportamento sembra essere una distorsione della condivisione del pasto, un rituale sacro in molte culture, in cui il cibo è spesso il pretesto per riunire, per condividere storie.

La mia generazione ha imparato a considerare il cibo come una componente centrale della socializzazione, un momento in cui la conversazione e il legame umano prendono il sopravvento. 

Il mukbang sembra ribaltare questo concetto, trasformando il pasto in uno spettacolo solitario e voyeuristico. La gente non mangia per soddisfare la fame o condividere un momento di convivialità, ma per intrattenere uno spettatore invisibile.

Sempre più soli

Il Mukbang evidenzia anche la crescente solitudine nella società moderna. Quando ero giovane, non c’erano smartphone o internet, e le persone facevano sforzi per connettersi di persona. Ora, sembra che le persone si aggrappino a queste strane forme di connessione virtuale, come guardare qualcuno mangiare online, per colmare il vuoto delle relazioni umane reali.

Il cibo non è più una risorsa preziosa. 

Qui vengono celebrati apertamente l’eccesso e la mancanza di controllo.

Quindi, non è mia intenzione connotarmi nei miei giudizi come irrimediabilmente passé.

Non vorrei ignorare delle nuove esigenze sociali che potenzialmente emergono da questo fenomeno.

Certo, non mi vergogno di dire che mi dispiace vedere quello che per me è un immane quanto assurdo spreco di cibo.

Perché innanzi tutto si tratta spesso di cibo spazzatura, quindi è un messaggio non mandato in direzione dell’educazione alimentare. Questo è il primo spreco.

Ma in più, siamo davvero sicuri che queste star del web non vadano poi a vomitare tutta l’abnorme quantità di cibo che hanno ingurgitato?
Come può essere sana una cosa simile?

L’aggiottaggio, termine originario della lingua francese conosciuto anche come “aggio” in italiano, è un concetto che riflette il differenziale di rendimento tra titoli di durata diversa emessi dallo stesso emittente. Questo fenomeno si verifica principalmente nel mercato obbligazionario, dove gli investitori sono esposti a variazioni nei rendimenti in base alla scadenza degli strumenti finanziari.

Come funziona l’aggiottaggio?

L’aggiottaggio è strettamente collegato alla struttura a termine dei tassi di interesse, la quale descrive il rendimento di titoli di debito con diverse scadenze. In un contesto normale, ci si aspetta che i titoli a lungo termine offrano rendimenti superiori rispetto a quelli a breve termine per compensare gli investitori per il maggiore rischio e la maggiore incertezza legati al periodo più lungo.

Tuttavia, a volte questa regola viene invertita. In altre parole, il rendimento dei titoli a breve termine supera quello dei titoli a lungo termine, creando una curva dei rendimenti discendente. Questo fenomeno può essere causato da diversi fattori, tra cui aspettative di bassa inflazione futura, previsioni di una recessione economica imminente o azioni di politica monetaria da parte delle banche centrali.

Tra le cause abbiamo ad esempio l’aspettativa inflazionistica da parte degli investitori. 

Quando gli investitori prevedono una bassa inflazione futura, preferiscono i titoli a breve termine per evitare di rimanere vincolati a rendimenti fissi a lungo termine che potrebbero essere erosi dall’inflazione.

Oppure, durante periodi di incertezza economica o previsioni di una recessione imminente, gli investitori potrebbero cercare rifugio nei titoli a breve termine, temendo che i rendimenti a lungo termine possano essere influenzati negativamente dalle condizioni economiche avverse.

Allo stesso modo dobbiamo considerare le azioni delle banche centrali.

Come combattere l’aggiottaggio

Gli investitori possono adottare strategie specifiche per mitigare gli effetti dell’aggiottaggio. Ad esempio, allocare parte del portafoglio in titoli a breve termine può proteggere da eventuali perdite legate alle variazioni nei rendimenti. Inoltre, monitorare attentamente gli indicatori economici e le decisioni delle banche centrali può aiutare gli investitori a anticipare e adattarsi a potenziali cambiamenti nella struttura dei rendimenti.

Certo, questa non è una consulenza approfondita, ma vale come informazione generalista e divulgativa.

Chissà se è vero, dato che nel mondo dei consulenti finanziari le formazioni accademiche sono diversissime. O meglio: esistono oggi dei software talmente potenti per eseguire calcoli, previsioni e proiezioni, che serve solo fino a un certo punto la capacità di svolgere questi calcoli manualmente.

Però io in primis ho studiato a fondo delle leggi matematiche che ritengo fondamentali per comprendere la finanza e per fare delle previsioni accurate.

Vorrei condividerle per chi è già e per chi invece si sta avvicinando a questo mondo, magari come me con una provenienza contenutistica molto diversa.

Le leggi matematiche fondamentali per chi fa consulenza finanziaria

1) La legge dei grandi numeri 

Spesso citata come figura retorica, la legge dei grandi numeri è invece una serissima legge finanziaria. In sostanza, dice che all’aumentare del numero di prove, la media dei risultati si avvicinerà sempre di più al valore atteso. Questo principio è fondamentale per la gestione del rischio e la previsione delle performance.

2) La distribuzione normale (o gaussiana) 

Anche qui, la fama della distribuzione normale la precede. Banalmente, è fondamentale.

Senza gaussiana, la valutazione del rischio sarebbe quasi impossibile, soprattutto per molte variabili finanziarie, come i rendimenti degli investimenti. 

La legge aiuta a comprendere la probabilità di eventi estremi e a gestire la diversificazione del portafoglio.

3) La teoria dei portafogli di Markowitz 

Questa teoria si serve della covarianza tra gli asset per creare portafogli diversificati che massimizzano il rendimento atteso per un dato livello di rischio. È un modello da studiare e comprendere, perché è fondamentale nella gestione del portafoglio e nella costruzione di strategie di investimento.

4) La formula di Black-Scholes 

Con lei possiamo decidere il prezzo teorico di un’opzione in base a variabili come il prezzo dell’azione sottostante, il prezzo di esercizio, la volatilità e il tempo residuo.

5) La legge di Bayes 

Cos’è un’analisi dei rischi senza legge di Bayes?

Questa legge permette di aggiornare le probabilità di un evento in base a nuove informazioni, svolgendo un ruolo chiave nella valutazione e gestione dei rischi finanziari.

6) La teoria dei mercati efficienti

La teoria dei mercati efficienti sostiene che i prezzi di mercato riflettono tutte le informazioni disponibili, rendendo difficile battere il mercato in modo consistente. Questa teoria influisce sulla gestione attiva dei portafogli e sulla valutazione dell’efficacia delle strategie di investimento.

Non è tutto, chiaramente. Ma mi sembra un buon pacchetto da cui iniziare!

Dunque, ci ho provato. 

Ho cercato di evitare ogni facile boomerismo (come dicono ora) e con la mente più chiara ho provato ad avvicinarmi alla musica trap.

Innanzi tutto, ho avuto uno scoglio di comprensione: dev’esserci un modo di parlare che fa risultare questi “artisti” riconoscibili tra di loro.

Difetti di pronuncia ostentati, labbra lasse, fischi, stonature corrette dall’autotune.

Forse sono scelte artistiche che non comprendo, non avendo l’orecchio educato?

In ogni caso, non capivo proprio cosa dicessero.

E pare sia importante, in questo settore, dove ormai il missaggio e gli effetti sonori sono abbastanza standardizzati, in mano alla case discografiche/produttori.

Quindi, mi ci sono messo d’impegno, ascoltando decine di testi insulsi ed autoreferenziali, con calembour vacui.

Dubito che questi contenuti possano ambire all’universalità, dato che sono così appiattiti sul gergo e sulla quotidianità strettissima.

Poi, molti riferimenti che non capivo e che ho cercato sono stati connessi a dei “trend”.

Trend…?

I trend sono, molto semplicemente, delle tendenza che emergono sui social network, e che infuriano come vox populi per una manciata di settimane.

Non nominare i trend giusti è un modo sicuro per essere irrimediabilmente tacciati di boomerismo.

Al di là di ciò vorrei scrivere qualche altra parola sulla musica che ho ritrovato in questi brani.

Ecco fatto!

Si chiamano Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) e sono tornati alla ribalta di recente per l’attenzione che hanno dato loro le cronache.

Quasi tutti conosciamo la definizione, ma facciamo un ripassino: i BTP sono titoli di stato emessi dal Tesoro italiano. Servono a finanziare il debito pubblico e le spese governative e hanno scadenze a lungo termine, generalmente comprese tra 3 e 30 anni. 

I BTP offrono un tasso di interesse annuale, noto come cedola, che costituisce il reddito per gli investitori. Possono essere acquistati e venduti sul mercato secondario, il che li rende liquidi e accessibili. Il Tesoro italiano emette nuovi BTP attraverso aste regolari, con gli investitori che partecipano a queste aste offrendo il prezzo che sono disposti a pagare per i titoli.

Come con tutti i titoli di stato, esiste un rischio di credito associato ai BTP, ma sono generalmente considerati sicuri, dato che l’Italia è una nazione avanzata con una buona storia di pagamento del debito.

La storia dei BTP

Nel 1866, durante il Regno d’Italia, fu emesso il primo titolo di debito pubblico italiano, chiamato “Rendimento Nazionale,” per finanziare l’acquisizione di Venezia da parte dell’Italia. Questo è considerato uno dei primi antenati dei moderni BTP.

Durante il XX secolo, l’Italia ha utilizzato vari strumenti di debito pubblico per finanziare le spese del governo. Nel 1939, il governo istituì un nuovo tipo di obbligazione, i “Buoni del Tesoro,” che successivamente evolverebbero nei moderni BTP.

Nel 1951 venne introdotta una riforma dei Buoni del Tesoro, che rese i BTP più flessibili e attraenti per gli investitori. Questa riforma fu un passo significativo nella creazione dei BTP come li conosciamo oggi.

Negli anni ‘70 e ‘80, l’Italia vide una crescita significativa del debito pubblico, e i BTP divennero uno strumento fondamentale per finanziare il deficit di bilancio del governo.

Gli anni ’90 e il nuovo millennio hanno visto ulteriori sviluppi nella struttura e nella gestione dei BTP. Il governo italiano ha continuato a emettere BTP per coprire le spese pubbliche e finanziare il debito nazionale. L’Italia è uno dei principali emittenti di titoli di stato nell’area dell’euro.

Oggi, scelgono i BTP sia investitori pubblici sia investitori privati. Quindi sì, l’attenzione è meritatissima, e consiglio a tutti di fare un’analisi accurata, onde eventualmente approfittare del momento storico.

Per chi si avvicina alla finanza senza avere una formazione specifica, iniziano e risultare interessanti gli Exchange-Traded Fund (ETF). Gli ETF rappresentano un’innovativa forma di investimento che ha guadagnato una certa popolarità negli ultimi decenni – anche solo perché se ne sente molto parlare. 

Con la consapevolezza che non parliamo del sacro Graal, ma di uno strumento tra i tanti, cercherò di spiegare in parole semplici cosa sono gli ETF.

Cos’è un ETF?

Un ETF, o Exchange-Traded Fund, è un fondo di investimento che viene negoziato in borsa, proprio come le azioni. È progettato per replicare l’andamento di un indice, un settore specifico o un paniere di asset sottostanti. Gli ETF sono creati da società di gestione patrimoniale e offrono agli investitori l’opportunità di possedere una piccola parte del fondo, che rappresenta una diversificazione tra i vari titoli sottostanti.

In pratica, gli ETF seguono un indice di riferimento, ad esempio l’S&P 500, che rappresenta le azioni delle 500 principali società statunitensi. Quando un investitore acquista quote di un ETF, essenzialmente sta investendo in una fetta di quel paniere di titoli. A differenza dei fondi comuni di investimento tradizionali, gli ETF sono negoziati in borsa durante l’orario di mercato, proprio come le azioni ordinarie. Questo significa che gli investitori possono acquistare o vendere quote di un ETF in qualsiasi momento durante la giornata di trading.

Gli ETF convengono o no?

Uno dei vantaggi principali degli ETF è la trasparenza. Gli investitori possono monitorare continuamente il prezzo dell’ETF in tempo reale e visualizzare l’elenco completo dei titoli sottostanti. Inoltre, gli ETF sono solitamente associati a costi di gestione relativamente bassi, rendendoli una scelta economica per gli investitori.

In più, consentono agli investitori di diversificare il proprio portafoglio su un’ampia gamma di asset senza dover acquistare ciascun titolo individualmente, e sono altamente liquidi, poiché possono essere scambiati in borsa durante l’orario di mercato. Questo li rende adatti agli investitori che desiderano effettuare operazioni frequenti.

Infine, gli ETF offrono l’opportunità di investire in settori specifici o classi di asset, come mercati emergenti, materie prime o obbligazioni governative.

Possibili svantaggi degli ETF

Gli ETF rappresentano uno strumento di investimento flessibile e accessibile che ha rivoluzionato l’industria finanziaria. Comunque, ripeto, non parliamo di una panacea.

Vorrei rimarcare che, come qualsiasi forma di investimento, gli ETF comportano rischi, tra cui il rischio di mercato e il rischio di perdita del capitale. Prima di investire in ETF, è consigliabile fare la propria ricerca o consultare un consulente finanziario per determinare come questi strumenti possano integrare la propria strategia di investimento complessiva. 

Sono un’opzione di investimento degna di considerazione per gli investitori che cercano diversificazione, liquidità e costi di gestione contenuti nei loro portafogli.

Ma non esagerate!

L’interesse composto è uno dei concetti più fondamentali nella finanza personale e negli investimenti. Si tratta di un potente strumento finanziario che può fare una grande differenza nel tuo patrimonio nel lungo termine. In sostanza, è un tipo di interesse che viene calcolato non solo sul capitale iniziale o principale di un investimento, ma anche sugli interessi accumulati in precedenza. 

Facciamo un esempio

Immaginate di investire $1,000 a un tasso di interesse annuale del 5% con l’interesse composto. Alla fine del primo anno, si guadagnano $50 di interesse (1,000 x 0.05). Ma qui sta la chiave: nel secondo anno, il saldo non è più di $1,000, ma di $1,050. Pertanto, ora si guadagna il 5% su $1,050, che è $52.50. 

L’effetto dell’interesse composto può essere interessante quando si parla di accumulare ricchezza nel lungo termine. Anche se il tasso di interesse può sembrare relativamente basso, la costante crescita dei guadagni complessivi può portare a risultati significativi.

Per esemplificare ciò, consideriamo un investimento di $10,000 a un tasso di interesse annuale del 6%. Senza l’interesse composto, guadagneresti $600 all’anno (10,000 x 0.06). Tuttavia, con l’interesse composto, i tuoi guadagni cresceranno progressivamente. Dopo 10 anni, avresti accumulato oltre $17,000, e dopo 20 anni, il tuo investimento sarebbe cresciuto a più di $32,000. Questo effetto di crescita continua a intensificarsi con il tempo.

Applicazioni pratiche del concetto

L’interesse composto si applica in tante azioni concrete e quotidiane. La maggior parte dei conti di risparmio e dei certificati di deposito utilizza l’interesse composto per calcolare i tuoi guadagni, giusto per citare un esempio. 

Oppure, gli investimenti in azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento e altri veicoli finanziari possono generare guadagni tramite l’interesse composto.

I fondi pensione e i piani di risparmio pensionistico, come anche i prestiti, spesso utilizzano l’interesse composto per aiutarti a costruire un patrimonio pensionistico nel tempo.

Federico II di Hohenstaufen, noto anche come Federico II o Federico il Grande, è stato uno dei sovrani più influenti e complessi del Medioevo europeo. La sua vita e il suo regno sono caratterizzati da numerosi fatti importanti da ricordare, che spaziano dalla sua nascita alla sua eredità duratura.

L’Imperatore del Sacro Romano Impero e Altre Corone

Federico II divenne imperatore del Sacro Romano Impero nel 1220, succedendo a suo padre Enrico VI. Tuttavia, la sua ascesa al potere non si limitò a questo titolo. Prima di diventare imperatore, aveva già regnato come re di Sicilia dal 1198 e come re di Gerusalemme dal 1225. Queste posizioni gli conferirono un’influenza significativa nel Mediterraneo e nel contesto delle Crociate.

Il suo regno in Sicilia fu particolarmente notevole per la sua politica di tolleranza religiosa e per la promozione di un governo centralizzato basato sulle leggi romane. Questo periodo è noto come la “Sicilia Sveva” e ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura e sulla giustizia nell’isola.

Il Mecenate della Scienza e il Conflitto con la Chiesa

Federico II fu non solo un sovrano politico ma anche un mecenate delle arti e delle scienze. Scrisse un trattato sulla falconeria, evidenziando il suo interesse per la caccia con gli uccelli rapaci, e fu autore di opere scientifiche, tra cui “De arte venandi cum avibus” (“Sull’arte della caccia con gli uccelli”). Quest’opera è uno dei primi testi europei sull’ornitologia e testimonia la sua passione per la conoscenza.

Tuttavia, il regno di Federico II fu anche caratterizzato da conflitti con la Chiesa cattolica, in particolare con il Papa Gregorio IX. Questi conflitti erano spesso legati alla sua politica di centralizzazione del potere e alla sua sottomissione alla Chiesa. Le tensioni culminarono in scomuniche e controversie che caratterizzarono gran parte del suo regno.

L’eredità principale di Federico II? Chi può dirlo. Il suo contributo alla scienza e alla cultura, oltre a una serie di conflitti storici che hanno lasciato un segno indelebile nella storia europea, molto probabilmente. Di sicuro è una figura affascinante – e tutt’oggi molto dibattuta.

Pensavi che andasse tutto bene… E invece no. 

C’è un cigno nero sempre in agguato.

Cosa significa “cigno nero”

Il termine “cigno nero” è diventato un concetto comune nel mondo della finanza per descrivere eventi imprevedibili e altamente rari che hanno un impatto significativo sui mercati finanziari e sull’economia globale. Coniato dallo statunitense Nassim Nicholas Taleb nel suo libro del 2007 intitolato “Il Cigno Nero: Come l’improbabile governa la nostra vita”, questo concetto ha guadagnato popolarità per descrivere eventi altamente imprevedibili, estremamente rari e con un impatto devastante sui mercati e sull’economia. Questi eventi sono talmente rari che spesso sfuggono a qualsiasi modello statistico o analisi di rischio tradizionale. L’idea chiave è che mentre è possibile prevedere e gestire i rischi ordinari, i cigni neri sono eventi che nessuno ha previsto e che spesso hanno conseguenze enormi.

Esempi di Cigni Neri in Finanza

  • L’Attacco dell’11 settembre 2001: Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti sono stati un evento altamente imprevedibile che ha avuto conseguenze enormi sui mercati finanziari globali, con crolli nelle borse e nei settori dell’aviazione e delle assicurazioni.
  • La Pandemia di COVID-19: La pandemia di COVID-19 che ha colpito il mondo nel 2019-2020 è un esempio recente di un cigno nero. Nessuno aveva previsto l’entità e la diffusione globale di questa malattia e l’effetto che avrebbe avuto sull’economia e sui mercati finanziari.

Dato che i cigni neri sono eventi così rari e imprevedibili, gestirli è una sfida per tutti gli interlocutori standard della finanza. La diversificazione del portafoglio è importante, così come le assicurazioni.

Nonostante la natura imprevedibile dei cigni neri, è importante condurre un’analisi dei rischi approfondita e considerare scenari estremi come parte del processo decisionale finanziario.