Dopo una battuta di arresto durata anni, c’è ancora futuro per il vinile?
Devo doverosamente fare una premessa: parlo esclusivamente di ascolto musicale per appassionati, nulla a che fare con investimenti e sviluppo economico del vinile. Nel corso della mia vita ho ascoltato musica in tutti i modi disponibili, dalle gracchianti radio di metà 900, fino agli smartphone con app dedicate e YouTube. Anche per questo negli ultimi anni il mercato del vinile ha subito una battuta di arresto, causa principale è la creazione di nuovi supporti per ascoltare musica, sempre più pratici e alla ricerca del suono perfetto. Dalla musicassetta al CD, per arrivare ai file mp3, il modo di fruire la musica ha subito una vera rivoluzione, non solo sonora ma anche fisica. Con i nuovi supporti digitali non si possiede più fisicamente qualcosa, non si ha la bramosia di sfogliare i testi e le foto presenti all’interno della copertina. Si guadagna in praticità, certamente, ma anche interagire con il supporto credo sia un modo importante per approcciarsi alla musica.
Sicuramente il suono è andato migliorando e ricercando una perfezione che forse nel passato non era possibile, ma non è sempre un lato positivo. Il vinile con il suo suono morbido risulta unico e sempre diverso ad ogni ascolto, ogni granello di polvere presente sul disco rende diverso ogni ascolto.

Battuta di arresto superata dall’unicità della “user experience”?

Sicuramente dopo un periodo in cui l’ascolto di dischi in vinile era riservato ai collezionisti, ora il mercato sembra avere nuove richieste e proposte. L’estesa disponibilità economica dei possibili consumatori e l’estesa disponibilità logistica dei venditori, hanno ampliato le possibilità di fruizione. L’esperienza unica d’ascolto ha fatto il resto.

In questo rinnovato fervore collocherei il Vinile Expo di Novegro, poco fuori dalla Milano dell’arte e dell’economia, che accoglie numerosi stand sia italiani che stranieri per la vendita e l’esposizione di dischi da collezione. Ben vengano inoltre le nuove proposte tecnologiche per un ascolto anche senza giradischi, per chi vuole più comodità ma senza rinunciare al gusto retrò.
Da semplice fruitore della musica, sono comunque felice di questa riscoperta del suono d’altri tempi, che non è come quello odierno, definibile quasi usa e getta, ma nasce dal rispetto di ogni sua singola parte.
Certo, questa riscoperta potrebbe anche essere una moda passeggera, ma credo che il gesto di posizionare la puntina sul solco giusto e far partire un disco di vinile, generi comunque un valore esperienziale eccezionale. Magari nostalgico nei più anziani ed esplorativo nei più giovani, in ogni caso da provare, in silenzio.

Come favorire il processo formativo? Nonostante ami molto la lettura, trovo che una soluzione possa arrivare dall’apprendimento dinamico ed esperienziale. Mi sono posto questa domande leggendo una notizia riguardante il Natural History Museum di Londra.

Dippy, la celebre riproduzione in gesso dello scheletro di un dinosauro scoperto negli Stati Uniti, partirà per un tour di due anni che toccherà i più importanti musei della Gran Bretagna. Al posto del grande Diplodocide sarà successivamente collocato lo scheletro reale di una balena azzurra, per denunciare l’impatto dell’uomo sulla natura.

Per ogni frequentatore del museo Dippy era una presenza familiare. Ripensandoci, anch’io ogni volta venivo accolto dalla sua mole imponente e ogni volta mi faceva rendere immediatamente conto di quanto la natura fosse potente e capace di creare cose straordinarie.

Una riproduzione in gesso come può contribuire al processo formativo?

Semplicemente mettendo a disposizione la sua presenza per stupire i più piccoli, che spesso per la prima volta si trovano tu per tu con le nozioni imparate sui libri, che troppo spesso rimangono solo cartacee. Credo sia fondamentale la curiosità per crescere, per avere voglia di sapere, per non fermarsi alla conoscenza superficiale. Cosa ci può essere di più stupefacente e magico per un bambino dell’essere messo dinnanzi ad un dinosauro di 21 metri che prima poteva solo immaginare? Quella maestosità, quello stupore lo spingerà a volerne sapere di più. Allora ben vengano musei, apprendimenti dinamici e nella natura, che mettono direttamente a contatto le nostre nuove generazioni con la conoscenza. La possono vedere, toccare, sperimentare, appassionandosi inevitabilmente.

Questo tuttavia non vale solo per i più piccoli. Tutti noi abbiamo bisogno di riscoprirci curiosi, di riprovare forti sentimenti davanti alla conoscenza, così che un dipinto non rimanga solo un quadro, un libro solo carta e una lezione solo una nozione astratta di passaggio. Avvicinarvi alle forme di espressione artistica e culturale a voi più congeniali sarà sicuramente un buon inizio, poi in caso siate di passaggio in uno dei musei inglesi in cui verrà esposto il grande Diplodocide nei prossimi due anni, magari fategli una visita.

Le mie lunghe indagini giovanili sulle evoluzioni del pensiero, sulla società in mutamento e sui cambiamenti mondiali, sono passate da Parigi e dal suo spirito artistico.

Viaggiare fra i riferimenti accademici più tradizionali e le sperimentazioni più coraggiose, sono elementi della crescita di uno studioso, come di un artista.

In questo percorso la Capitale francese che ho conosciuto si è rivelata una vera Capitale culturale. Un prospetto impegnativo per una città, che può confondere chi vi passa attraverso, ma che premia chi riesce a scovarne il vero valore. La ricerca procede sempre fra alti e bassi, passa rapidamente dalle strade affollate dal falso talento, incapace di portare a compimento il prospetto iniziale di un grande capolavoro, fino ai vicoli in cui il valore artistico è talmente alto, da giustificare tutto il resto.

A Parigi quest’atmosfera introspettiva arriva nel momento in cui sentiamo l’Estate alle spalle e l’Inverno alle porte. Quando i nostri meccanismi di difesa sono già attivi, pronti a proteggerci dalla rigidità del clima e delle idee. Quando i modi di esprimersi tendono a congelarsi, ecco, in quel preciso momento arriva Le Festival d’Automne in tutto il suo splendore artistico.

A fine Estate, Parigi rinasce come Capitale culturale

Il Festival d’Autunno nel mio immaginario personale è intimamente collegato a Parigi e dà un senso perfetto all’appellativo Ville Lumiere. Girare a piedi fra le vie storiche, illuminate e arricchite dalle atmosfere autunnali è emozionante. Spesso mi sono trovato a iniziare le giornate con un sole alto e luminoso, che al pomeriggio aveva già lasciato spazio a pioggia e freddo pungente, una caratteristica dell’Autunno parigino, ma anche una perfetta metafora della variabilità delle performance di artisti affermati ed emergenti che riempiono tutta la città.

È una manifestazione multidisciplinare che sa fondersi e confondersi con il contesto. Dagli spettacoli teatrali all’Opéra, dalla pittura alla scultura, tutto partecipa allo spettacolo della Ville Lumiere e si amalgama con la sua società. Un piacevole appuntamento per chi riuscirà a vivere l’edizione di quest’anno, ma anche la conferma di un ottimo prospetto, sperando che si possa continuare eccellentemente anche negli anni a venire.

Tutto questo è ben fissato nei miei ricordi e auguro che possa far parte anche di quelli dei turisti e dei giovani che transiteranno in questo splendido baluardo della cultura in un prossimo futuro, continuando a rendere le arti visibili e accessibili a tutti.

Un’altra capitale in cui sono stato innumerevoli volte: Londra.

Nel mio viaggiar giovanile, dopo l’università, ho continuato a studiare, esplorare e allargare il mio campo d’azione e conoscenza. Ho visto crescere la City che oggi conosciamo, mi sono fermato alla London School of Economics, di cui ho parlato in una recente intervista, ma non solo. Oltre alla grande apertura verso finanza, investimenti e sviluppo, nella Capitale inglese ho trovato anche un grande fermento artistico.

Leggere oggi dell’inaugurazione della prima London Design Biennale, mi ha ricordato le avanguardie che ho visto qui alla fine degli anni 70. Anche il tema dell’evento mi affascina, forse perché richiama i miei studi sociologici. Si tratta dell’utopia, trattata dal punto di vista del design, in omaggio ai 500 anni dalla pubblicazione di uno scritto cinquecentesco: L’Utopia, di Thomas More. Un romanzo, un magnifico romanzo, che ha dato i natali al neologismo utopia, un termine meraviglioso e allo stesso tempo ricco di malinconia. L’impossibilità di raggiungere un ideale tanto reale, quanto visionario.

Un termine necessario nel nostro vocabolario, voluto con grande ambiguità e critica sociale dal suo autore. More parlando dell’Isola di Utopia, parlava dell’Inghilterra dei Tudor e di un modello politico, economico e sociale astratto, isolato e concentrico. La visione di un mondo nuovo, una meta irreale, che i designer di oltre 30 Nazioni hanno re-interpretato e stanno mostrando in tutta Londra con numerose installazioni e opere.

L’interpretazione è calata nella prospettiva odierna ovviamente, con grande attenzione ai temi più sentiti in tutte le metropoli, non solo sulle sponde del Tamigi. Le installazioni parlano di sostenibilità, migrazioni, inquinamento, energia, equità sociale e delle città stesse.

Una settembrina Capitale del Design

Trovo davvero pregevole lo spunto lanciato dagli ideatori della Biennale londinese. Il loro evento, non a caso, incrocia come tempi e luoghi il London Design Festival, che già da solo costituiva un notevole capitale di idee e visioni del mondo estremamente dinamiche.

In ogni caso, oltre all’interessantissima ricerca delle emozioni nei materiali e nelle forme, la revisione degli spazi a cui hanno dato vita questi due eventi, ci ha condotti a una grande esposizione temporanea capace di avvolgere idealmente e fisicamente la Capitale della finanza nel nostro Vecchio Continente.

Una metafora del mondo odierno, preda di un incessante sviluppo.

Mentre le persone proseguono con la loro vita frenetica, la creatività artistica procede per la sua strada. Una strada parallela, veloce, emotiva e perché no, anche spirituale, che mi fa riflettere su come non sia importante dove siete arrivati e di cosa siete presidenti: l’esplorazione giovanile non finisce mai.

Nella mia vita ho avuto modo di viaggiare, conoscere molte persone, studiare e vedere il mondo da prospettive diverse. Tutto il percorso è ciò che mi ha portato da essere il giovane Paolo Giorgio Bassi, studente all’Università di Trento nel lontano 1968, alla persona che oggi conoscete. Attribuisco alla curiosità un grande merito e sono convinto che fare un investimento nella propria curiosità sia fondamentale per crescere come persone. Spesso però la nostra prospettiva non è completa ed emerge la necessità di ampliarla, per scoprire campi nuovi verso cui direzionarla.

Questo è ciò che fa l’arte.

L’arte ha un ruolo umano e sociale innegabile: può aiutare gli uomini e le donne a provare sensazioni e sentimenti per quello che non comprendono e non conoscono, allargando i loro orizzonti.

L’indagine sulle diverse percezioni è fondamentale nello sviluppo della sperimentazione artistica, sia attraverso i suoni, che tramite le immagini. Questo ruolo è importante soprattutto se ci accompagna all’indagine di percezioni lontane dalla nostra quotidianità.

Avete mai ascoltato musica completamente al buio? È solo una delle prospettive di cui parlo: quella di un cieco. L’arte vissuta dalla prospettiva di chi è diversamente abile ci mette nella condizione di concentrarci solo su alcuni sensi, una cosa che non sembra difficile, ma lo è enormemente. Questa forma di espressione stava cercando il suo spazio e l’ha trovato a Milano, proprio negli stessi giorni dei Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro. Un tempismo perfetto per inaugurare #ètuttodiverso, il primo festival dedicato ad arte e disabilità.

È durato solo un giorno, ma ha già fatto molto. Dai concerti accompagnati da fragranze pensate appositamente per le esibizioni dal vivo, fino alla percezione dei quadri senza poterli vedere. Un evento del genere si dovrà ripetere, spero in molti altri luoghi della nostra meravigliosa Italia, non solo per l’utilità in termini di beneficenza, ma per dare la possibilità a più persone possibili di mettersi nei panni degli altri e allargare il proprio punto di vista.

Un’esperienza per cui vale la pena fare un investimento di tempo e di cuore.

Come si legge nelle stazioni di servizio lungo le nostre autostrade, siamo in un Paese meraviglioso. Abbiamo un patrimonio artistico, culturale ed enogastronomico, tutto da invidiare e che potrebbe essere ulteriormente valorizzato per diventare una importante leva per lo sviluppo del territorio. Secondo i dati raccolti e analizzati da PwC il turismo in Italia incide per il 13% sul PIL nazionale, con un contributo economico di 185mld. Ogni anno sono 53 milioni le persone che scelgono di visitare il Bel Paese: un flusso turistico che rappresenta il 4% del totale.

Il patrimonio culturale lombardo e milanese

La Lombardia, insieme al Veneto, al Lazio e al Trentino, è tra le regioni che valorizzano maggiormente i propri siti culturali. Dato ottenuto confrontando il numero di siti turistici (musei, monumenti e siti archeologici, considerati dall’ISTAT) e il numero di arrivi turistici per regione. Per un appassionato di arte come me, questo dato non può che fare piacere. Come fanno piacere le tante iniziative atte a valorizzare il nostro patrimonio artistico e culturale che hanno come palcoscenico la mia Milano.

Proprio in questa settimana, ad esempio, il Mico (Milano Centro Congressi) ospiterà la 24esima Conferenza Generale dei Musei, organizzata da Icom Italia, in collaborazione con Regione Lombardia e Intesa San Paolo. Fino al 9 luglio si alterneranno tavole rotonde e convegni, a cui parteciperanno i direttori dei più importanti musei del mondo, ma anche iniziative culturali, laboratori didattici e incontri interdisciplinari aperti anche ai cittadini. Inoltre, con questa occasione, molti musei di Milano organizzano in queste giornate aperture straordinarie e con ingresso libero. Vale la pena prendervi parte.

Foto di Paolo Monti [CC BY-SA 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], via Wikimedia Commons

Accumulazione musicale e seduta di Arman

Polmone verde della mia Milano, il Parco Sempione è molto di più un parco cittadino. Passeggiando nel verde dei prati e lungo i vialetti tortuosi, ci si imbatte in opere di grandi artisti e si ha una visione d’insieme della storia dell’architettura della città. Dal rinascimentale Castello Sforzesco, al neoclassicismo dell’Arco della Pace, fino ad arrivare all’architettura moderna della Torre Branca. 

Le opere più recenti e il contatto con la città

Nel 1973, per la XV Triennale di Milano, nel Parco Sempione trovano posto dodici istallazioni unite dal tema Contatto Arte/Città. Di queste, possiamo ammirarne solo tre opere oggi, anche grazie all’Expo. Sono i Bagni Misteriosi di De Chirico, il Teatro continuo di Burri e la Accumulazione musicale e seduta di Arman. Quest’ultima rappresenta un curioso palco in cemento in cui affiorano le sagome degli strumenti dell’orchestra e le sedie della platea. L’opera, sebbene sia rimasta nella sua collocazione originaria, non ha mai avuto la giusta considerazione, neppure oggi.

Opera ancora più sfortunata e al centro di polemiche, oggi come allora, è il Teatro continuo di Busi. Il teatro a cielo aperto, le cui quinte accompagnano l’occhio verso l’Arco della Pace da un lato e il Castello dall’altro, era stato demolito nel 1989, con grande disappunto dell’artista. Lo scorso anno, il Teatro è stato ricostruito (con grande disappunto di parte della popolazione), in occasione di Expo e del centenario della nascita dell’artista umbro.

Per Expo sono stati riportati all’antico splendore anche i Bagni Misteriosi di De Chirico, opera che merita assolutamente una sosta per essere ammirata nei colori sgargianti voluti dall’artista, prima che il tempo torni a sbiadirli.

Pinacoteca di Brera, Milano

By Welleschik (Own work) CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0), via Wikimedia Commons

Chi, come me, ama Milano e ama l’arte non può perdersi l’appuntamento con la Notte Europea dei Musei, domani 21 Maggio. Questa iniziativa, che è ormai alla sua dodicesima edizione, offre a tutti un’occasione in più per avvicinarsi alle opere artistiche che si trovano nei musei delle proprie città. I musei che aderiscono all’iniziativa estenderanno l’orario di chiusura di tre ore e vi si potrà accedere gratuitamente o al prezzo simbolico di 1 euro.

La Notte Europea dei Musei a Milano

A Milano si può passare una serata in compagnia dei tesori artistici custoditi nella Pinacoteca di Brera e nella Galleria Campari di Sesto San Giovanni.

In quest’ultima, potrete godervi tre visite gratuite straordinarie dalle 19 alle 24, e apprezzare la perfetta miscela tra arte grafica, pubblicità e design, come i manifesti pubblicitari di Munari. La Pinacoteca di Brera, invece, resterà aperta al pubblico fino alle 22:15 e qui vi farete sorprendere, oltre che dalla stupenda architettura del palazzo, dai capolavori di Mantegna, di Tintoretto, Piero della Francesca, Caravaggio, Bellini, Bramante e molti altri artisti.

Non si può non lodare iniziative del genere e non si può, a maggior ragione, non approfittarne. Quindi, se siete a Milano per diletto o per affari, o se ci vivete, ma non avete mai avuto occasione di visitare uno di questi due musei, domani potrebbe essere l’occasione giusta.

potenza economica Milano capitale Skyline

La potenza economica di Milano Skyline di Conte di Cavour [CC BY-SA 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], attraverso Wikimedia Commons

Leggo sul New York Times un articolo di Severgnini dal titolo provocatorio “È Milano la vera capitale d’Italia?” . Non di certo né la prima né l’ultima esternazione della ben nota rivalità o, per meglio dire, del contrasto tra Roma e Milano. Un contrasto che nasce da due diversi modi di pensare, due diverse filosofie di vita, che si traducono in diversità, enormi, anche nello sviluppo economico.

La bellezza di Roma è indiscussa, così come è indiscussa la supremazia economica di Milano. Abbiamo così una capitale di rappresentanza e una de facto.

La forza innovativa, economica e culturale della Milano Capitale

Che Milano sia la capitale economica del Paese lo si capisce dal fermento che si avverte quando si cammina a passo svelto tra le strade della città; lo si vede dallo skyline che grattacielo dopo grattacielo si modifica per prendere i contorni di una metropoli internazionale; lo si sente dai tanti accenti che si sentono per strada, perché Milano, da sempre, attira giovani da ogni parte d’Italia, per studio o per lavoro.

Milano è la capitale della moda, del design, della comunicazione, della finanza. Eventi di portata mondiale, come il recente Salone del Mobile, Expo lo scorso anno, la Milano Fashion Week, lo dimostrano. Di certo non saranno i turisti attratti dal Colosseo o dalle altre infinite opere d’arte della Città Eterna, ma è un via vai di gente che porta con sé progetti e idee, che stimola lo spirito imprenditoriale della città. Uno spirito che, si spera, possa essere divulgato al resto del Paese.

Una delle domande più frequenti che vengono fatte a chi ha raggiunto una posizione di prestigio o un ragguardevole traguardo nel lavoro, nello sport, nella vita è: qual è il segreto del tuo successo?

Il segreto del successo non esiste

Di segreto non c’è niente, dal momento che tutti sanno perfettamente quali sono i fattori che determinano il raggiungimento dei propri obiettivi. Il primo che mi viene in mente è, senza ombra di dubbio, la curiosità.

Prima ancora di definire la propria vocazione, sin dagli anni della formazione, l’essere curiosi, affamati di conoscenza, avere voglia di approfondire cose oltre il nostro campo di studi è il presupposto per sviluppare una mente aperta. Avere una mente aperta e una natura curiosa permette di ragionare fuori dagli schemi, trovare soluzioni innovative e di avere una maggiore spinta per raggiungere i propri obiettivi.

Negli anni della mia formazione, mi incuriosiva tutto. Saltavo da un corso universitario all’altro: oltre ai corsi della mia facoltà, seguivo lezioni di matematica e di fisica, gli insegnamenti dei grandi economisti della London School of Economics. Ho viaggiato e imparato tanto.  Ogni cosa appresa è servita. Ogni insegnamento è una risorsa in più, ma ciò che mi è servito maggiormente è stato circondarsi di persone “indisciplinate”, capaci di pensare in maniera non convenzionale.

Bisogna conoscere cento casi studio di successo, ma essere in gradi di abbandonarli per crearne uno nuovo.