Un’altra capitale in cui sono stato innumerevoli volte: Londra.
Nel mio viaggiar giovanile, dopo l’università, ho continuato a studiare, esplorare e allargare il mio campo d’azione e conoscenza. Ho visto crescere la City che oggi conosciamo, mi sono fermato alla London School of Economics, di cui ho parlato in una recente intervista, ma non solo. Oltre alla grande apertura verso finanza, investimenti e sviluppo, nella Capitale inglese ho trovato anche un grande fermento artistico.
Leggere oggi dell’inaugurazione della prima London Design Biennale, mi ha ricordato le avanguardie che ho visto qui alla fine degli anni 70. Anche il tema dell’evento mi affascina, forse perché richiama i miei studi sociologici. Si tratta dell’utopia, trattata dal punto di vista del design, in omaggio ai 500 anni dalla pubblicazione di uno scritto cinquecentesco: L’Utopia, di Thomas More. Un romanzo, un magnifico romanzo, che ha dato i natali al neologismo utopia, un termine meraviglioso e allo stesso tempo ricco di malinconia. L’impossibilità di raggiungere un ideale tanto reale, quanto visionario.
Un termine necessario nel nostro vocabolario, voluto con grande ambiguità e critica sociale dal suo autore. More parlando dell’Isola di Utopia, parlava dell’Inghilterra dei Tudor e di un modello politico, economico e sociale astratto, isolato e concentrico. La visione di un mondo nuovo, una meta irreale, che i designer di oltre 30 Nazioni hanno re-interpretato e stanno mostrando in tutta Londra con numerose installazioni e opere.
L’interpretazione è calata nella prospettiva odierna ovviamente, con grande attenzione ai temi più sentiti in tutte le metropoli, non solo sulle sponde del Tamigi. Le installazioni parlano di sostenibilità, migrazioni, inquinamento, energia, equità sociale e delle città stesse.
Una settembrina Capitale del Design
Trovo davvero pregevole lo spunto lanciato dagli ideatori della Biennale londinese. Il loro evento, non a caso, incrocia come tempi e luoghi il London Design Festival, che già da solo costituiva un notevole capitale di idee e visioni del mondo estremamente dinamiche.
In ogni caso, oltre all’interessantissima ricerca delle emozioni nei materiali e nelle forme, la revisione degli spazi a cui hanno dato vita questi due eventi, ci ha condotti a una grande esposizione temporanea capace di avvolgere idealmente e fisicamente la Capitale della finanza nel nostro Vecchio Continente.
Una metafora del mondo odierno, preda di un incessante sviluppo.
Mentre le persone proseguono con la loro vita frenetica, la creatività artistica procede per la sua strada. Una strada parallela, veloce, emotiva e perché no, anche spirituale, che mi fa riflettere su come non sia importante dove siete arrivati e di cosa siete presidenti: l’esplorazione giovanile non finisce mai.
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