Capita spesso camminando per il centro di incorrere in fenomeni antropologici quantomeno studiabili.
Mi riferisco non solo alla variabilità del milieu che popola le strade, in quanto a classe sociale, appartenenza religiosa visibile, manifestazioni di maggiore o minore educazione, ecc.
Stavolta vorrei parlare più del vestiario.
Ne ho vista di gente mascherata. Ho visto dei buttadentro alle prese con l’invito dei passanti nel loro locale, bardati delle peggiori divise, anche con 40 gradi all’ombra.
Ho visto persone combattere contro il caldo a suon di capi d’abbigliamento succinti, ma anche dei look che ho trovato molto curiosi in giovanissimi e a volte persino citazionisti verso mie memorie adolescenziali.
La gente fuchsia
Ho visto uno stuolo di ragazzine e ragazzini con dei capi d’abbigliamento fuchsia e rosa. La cosa mi ha incuriosito ed è bastato una semplice ricerca Google per squarciare il velo di Maya: è uscito il nuovo film di Barbie.
Immaginavo un’utenza infantile, ma ho scoperto con somma sorpresa che questo emblema prima di rivendicazione femminista, poi di gioco infantile soprattutto femminile, poi di strumentalizzazione del corpo femminile è stato oggetto di diverse polemiche.
La principale dovuta al fatto che Barbie è stata rivisitata da una nota contemporanea regista femminista, Greta Gerwig.
La mia ignoranza cinematografica mi aveva comunque consentito di ricordarla come la regista di un riadattamento recente di Piccole Donne, che mi è personalmente piaciuto molto. Ho notato una certa vena che puntava a mettere le luci dell’emancipazione femminile dei personaggi della May Alcott, però tutto sommato non trovo che disturbasse eccessivamente l’intreccio originario.
Ideologie vive
Quello che mi colpisce è la venatura ideologica che percepiscono nell’associare un modo di vestire a un global trend e quindi a una regista femminista.
Ma non erano morte le ideologie?
Vuoi vedere che mi tocca andare al cinema per Barbie?
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