L’opera esplora i legami familiari di Coriolano, che è l’incarnazione della mascolinità violenta e ha forti legami sia con i soldati alleati che con quelli nemici. A differenza di molti personaggi shakespeariani che hanno madri vistosamente assenti, Coriolano non menziona il padre ma ha una madre, Volumnia, e una moglie, Virgilia, che sono entrambe figure materne nella sua vita.
Madre e moglie: come sono nel Coriolano
Virgilia è ritratta come una moglie silenziosa e solidale, mentre Volumnia mostra sia orgoglio materno che possessività. Volumnia ha spinto Coriolano ad andare in guerra quando aveva solo sedici anni e sostiene di averlo reso ciò che è. Gli dà costantemente indicazioni durante il processo politico, comportandosi come una madre della prima età moderna, come potrebbe esservi in un Checov, o in un Giacosa. Su questa intensa relazione tra Volumnia e Coriolano possiamo sbizzarrirci freudianamente e nostro piacimento, e anche sul compiacimento di Volumnia nell’affermare che non c’è uomo più legato alla madre di Coriolano.
Coriolano nega però l’amore familiare, nella scena in cui guida l’esercito volsco alla conquista di Roma. Sostiene che egli deve avere un’altra famiglia, quella volsca, perché lei, Virgilia e il giovane Marzio non sono la sua vera famiglia. Il rifiuto e il disconoscimento della sua famiglia fanno sì che Coriolano abbandoni l’invasione e urli in risposta, reclamando il suo ruolo nella famiglia.
Il ruolo della famiglia
Tutte le famiglie felici si somigliano, e il Coriolano non fa eccezione.
Nell’opera, la famiglia è sia formativa che distruttiva. Se da un lato fornisce un legame duraturo che può raggiungere anche la persona più alienata, dall’altro può creare un legame troppo stretto, come si vede nella strana dinamica edipica tra Coriolano e Volumnia. Mentre Virgilia si allinea all’ideale rinascimentale di moglie silenziosa, Volumnia rompe questo ideale e alla fine supera Coriolano e la sua mascolinità violenta, diventando nel frattempo un nuovo tipo di eroe.
Possiamo dire che le sovrastrutture moderne fossero solo lontanamente intuibili dall’animo teatrale (mi secca chiamarlo “artistico”) di un Grande come Shakespeare era e rimarrà.
Vorrei che questo fosse chiaro quando parlo di questione femminile in Shakespeare, tenendo anche in considerazione la tendenza decostruttiva a considerare l’opera anche per quello che ci dice, e non solo per quello che ci voleva dire.
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