83,5% è una percentuale alta. Una percentuale che, prestando orecchio agli organi di stampa, non si attribuirebbe certo a una ascia dell’occupazione giovanile così difficilmente visibile per le ultime politiche governative, direi anche fortemente penalizzata dalla crisi: la ricerca.
L’Università di Bologna, attraverso i suoi strumenti di orientamento, sondaggistica, ha svolto un sondaggio tra i dottori di ricerca usciti dal suo Ateneo:
Il dato supera il 73,9% dei laureati magistrali biennali del 2016 ed è in linea, invece, con la quota di occupati tra i laureati magistrali biennali del 2014 tre anni dopo il titolo, che hanno toccato quota 85,6%. Oltre la metà sono donne, ma a fronte del 59,5% delle laureate di secondo livello nel 2017, le donne che scelgono un dottorato di ricerca scendono a quota 52,1%. (Fonte)
Sono 20 gli Atenei aderenti al COnsorzio di raccolta dati (“Almalaurea”), e quindi direi che il dato può essere statisticamente indicativo solo fino a un certo punto.
Detto questo, anche la percentuale di genere, sebbene possa sembrare confortante, non rispecchia le percentuali di iscrizione alle Università, andando a colmare un divario di genere che continua, nonostante le politiche in favore e nonostante le modificazioni culturali avvenute rispetto a quando andavo io all’Università, a esistere.
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