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A chi non è mai capitato di intavolare un dibattito fervente su quale sia il confine oltre il quale si scavalla nel disturbo mentale?

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Quinta Edizione (DSM-5), rappresenta il punto di riferimento più autorevole e ampiamente utilizzato per la classificazione e la diagnosi dei disturbi mentali. 

Cos’è il DSM-5

Pubblicato per la prima volta nel 1952 dall’American Psychiatric Association (APA), il DSM ha subito numerose revisioni, con l’ultima, la quinta edizione, pubblicata nel 2013. Lo usano psichiatri, psicologi, assistenti sociali e altri professionisti della salute, dato che fornisce una lingua comune e criteri standardizzati per la diagnosi dei disturbi mentali.

Sebbene non sia obbligatorio, viene comunque considerato l’unità di misura per tutti i professionisti che ho elencato sopra.

Il DSM-5 è il risultato di oltre una decade di lavoro preparatorio, ricerche e ampie consultazioni con esperti nel campo della psichiatria e della psicologia. Il processo di revisione ha incluso una riconsiderazione completa delle categorie diagnostiche esistenti, l’aggiunta di nuove diagnosi e la modifica dei criteri diagnostici per riflettere meglio la comprensione attuale della salute mentale. 

Tra le modifiche più importanti rispetto al passato abbiamo la ristrutturazione delle categorie diagnostiche per riflettere meglio un continuum di disturbi, piuttosto che classi distinte, evidenziando così la natura spesso sfumata dei disturbi mentali.

Il DSM-5 copre un ampio spettro di disturbi mentali, suddivisi in categorie che includono disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi psicotici, disturbi alimentari, disturbi della personalità e molti altri. Per ogni disturbo, il manuale fornisce un insieme di criteri diagnostici che devono essere soddisfatti, insieme a note descrittive e linee guida per aiutare i clinici a fare diagnosi accurate. Inoltre, il DSM-5 introduce il concetto di dimensioni e gradi di severità per alcuni disturbi, consentendo ai clinici di valutare la gravità e il livello di disfunzione del disturbo.

Disturbi maggiori e minori

Un’altra novità importante del DSM-5 è l’introduzione dei Disturbi Neurocognitivi Maggiori e Minori. Questa distinzione ha molto senso perché tiene conto dell’impatto delle condizioni neurologiche sul funzionamento cognitivo e comportamentale. Neurologia e psichiatria sono spesso strettamente connesse e i sintomi cognitivi vanno spesso valutati nell’ambito dei disturbi mentali.

Il DSM-5 ha anche affrontato la questione del sovradiagnosi e del sovratrattamento di alcuni disturbi, in particolare nei bambini. Ad esempio, è stata introdotta una nuova diagnosi di “Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) nell’adulto”, riconoscendo che l’ADHD può persistere nell’età adulta e che i criteri diagnostici devono essere adattati per riflettere le manifestazioni del disturbo in questa popolazione.

Critiche più comuni

Nonostante la sua ampia accettazione e utilizzo, il DSM-5 non è esente da critiche. Alcuni professionisti del settore hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla patologizzazione di comportamenti e condizioni normali, ai conflitti di interesse tra gli autori del manuale e l’industria farmaceutica, e alla mancanza di sufficiente base empirica per alcuni dei nuovi disturbi e criteri diagnostici introdotti.

Come sempre, la scienza è in fieri. Per il momento, la tappa più avanzata e collettivamente condivisa a cui siamo arrivati è questa.

Che tu sia una giovane promessa o un habitué di grossi investimenti, la finanza può risultare ostica. Capire i concetti semplici non è impossibile, ma capirli a fondo, e trovarsi nella corrispondenza d’amorosi sensi giusta per iniziare a prendersi dei rischi, è ben più diverso.

Per iniziare ad investire in Italia oggi è necessario seguire alcuni passaggi ineliminabili.

Innanzitutto, per chi è proprio digiuno, aggiungo che dotarsi di un broker è indispensabile per operare sui mercati finanziari. 

Ma anche se si è già scelto il proprio intermediario bancario, acquisire una buona educazione finanziaria è fondamentale. 

Questo include comprendere i principi degli investimenti, i vari strumenti finanziari disponibili e i rischi associati. Una volta acquisita una base solida, è importante definire gli obiettivi finanziari personali a breve, medio e lungo termine e valutare la propria tolleranza al rischio

Non tutti vogliono rischiare con la propria finanza personale.

Ecco perché solo un’attenta ponderazione del rischio che sei disposto a correre potrai scegliere gli strumenti di investimento più adatti.

Il broker

La scelta di un broker è un passo cruciale nel processo di investimento. In Italia, sia le piattaforme di trading online che le banche offrono servizi di brokerage, consentendo l’accesso ai mercati finanziari. La selezione di un broker dovrebbe basarsi su diversi fattori, tra cui le commissioni e i costi di transazione, l’usabilità della piattaforma, l’affidabilità e la sicurezza, la qualità del servizio clienti e la disponibilità di strumenti di analisi e formazione.

Una volta selezionato il broker, si procede con l’apertura di un conto di trading, fornendo la documentazione necessaria per l’identificazione e accettando i termini di servizio. Il passo successivo è il deposito dei fondi nel conto, che permette di iniziare ad acquistare titoli. La pianificazione di una strategia di investimento è fondamentale, decidendo se adottare un approccio attivo, selezionando personalmente i titoli, o passivo, puntando su fondi indicizzati o ETF per replicare l’andamento di un indice di mercato.

Come iniziare (concretamente)

Mi rivolgo a chi si sente particolarmente spavaldo e opta per il fai-da-te: l’acquisto avviene tramite la piattaforma del broker, dove è possibile selezionare gli investimenti e piazzare ordini al mercato o limitati a un prezzo specifico. Il mio consiglio molto molto di massima è quello di regolarmente il tuo portafoglio e, se necessario, apportare modifiche per mantenere l’allineamento con gli obiettivi finanziari e la tolleranza al rischio.

Ma prima di ogni altra cosa: informati sulla normativa!

In Italia, gli investimenti sono soggetti a una normativa e a una tassazione specifiche, con le plusvalenze tassate separatamente, attualmente al 26% per la maggior parte degli strumenti finanziari. È consigliabile informarsi adeguatamente su questi aspetti, anche con l’aiuto di un consulente fiscale.

Ma ho un ultimo consiglio, che sicuramente non ti aspettavi:

Non essere sprovveduto.

La finanza non è un giochino da replicare perché ha l’allure del successo e perché nei film sembra facile.

Investire richiede un approccio ponderato e informato. Sembra facile investire – e l’atto in sé lo è – ma senza una solida informazione di base, si rischia.

Meglio viaggiare informati!

Il metodo Monte Carlo è una tecnica matematica che consente di risolvere problemi numerici attraverso la simulazione di variabili casuali. 

Questo metodo è ampiamente utilizzato in vari campi, come la finanza, la fisica, l’ingegneria, la statistica e l’informatica, per citarne alcuni. Il nome “Monte Carlo” è stato ispirato dalla città di Monaco, famosa per i suoi casinò, riflettendo l’elemento di casualità al centro di questo metodo.

Principi fondamentali

Il metodo Monte Carlo si basa su principi di statistica e probabilità per stimare valori sconosciuti o per simulare il comportamento di sistemi complessi che sono difficili o impossibili da modellare con precisione attraverso equazioni deterministiche. Al cuore di questo metodo c’è la generazione di un grande numero di esiti casuali per un processo, che vengono poi analizzati statisticamente. In finanza usiamo il metodo MonteCarlo nella valutazione del rischio e nella modellazione di prezzi di derivati. Ma è anche usato in meccanica statistica e fisica nucleare, per esempio, per simulare il comportamento di particelle subatomiche o per calcolare integrali complessi in dimensioni elevate.

Ma è un metodo usato anche in matematica e in altre scienze, per calcolare approssimazioni di integrali difficili da risolvere analiticamente.

Capire il futuro con la casualità

Il funzionamento base del metodo Monte Carlo può essere descritto con questa frase, che va a cavallo tra i Baci Perugina e la loro filosofia spiccia, e alcune grandi riflessioni sulla casualità che le grandi menti hanno prodotto. 

In sostanza, il metodo Monte Carlo parte dalla definizione del problema, tramite anche identificazione delle variabili coinvolte.

Il segreto del funzionamento del metodo è la simulazione del futuro attraverso la generazione di un grande numero di scenari per il problema, utilizzando numeri casuali per rappresentare le variabili di interesse.

C’è poi la fase più dura, quella del calcolo – da cui gli studiosi a vocazione umanista spesso rifuggono.

Eppure eseguire i calcoli necessari per ogni scenario simulato è fondamentale – altrimenti il metodo sarebbe una pseudodottrina pronta a crollare al primo confronto con la realtà..

Il suo vantaggio principale è la flessibilità, dato che viene usato non solo nei campi che ho citato sopra, ma anche in matematica, ingegneria, fisica…

Certo, non dobbiamo dimenticarci che come tutti i sistemi che richiedono uno sforzo computazionale, anche il metodo Montecarlo ha dei limiti: chi ha la capacità di calcolo, il tempo e lo spazio per mettersi a prevedere tutti gli scenari casuali possibili?

Il fraseggio musicale è l’arte di modellare le frasi musicali in un modo che renda la musica espressiva e significativa. È il tocco personale che un musicista o un cantante aggiunge a una composizione per interpretarla in modo unico, esattamente come un oratore usa differenti toni e pause per dare enfasi al proprio discorso.

Il fraseggio si riferisce alla maniera in cui vengono articolate le note e le frasi in un pezzo musicale. Abbiamo quindi l’uso della dinamica, del ritmo, del timbro e dell’articolazione: tutto serve a trasformare una serie di note da una semplice sequenza di suoni in una narrazione emotiva e coinvolgente.

Concetti di base

Innanzi tutto, uno semplice: la dinamica.

La dinamica è l’uso di volume variabile, da piano a forte, aiuta a creare tensione e rilascio, e a sottolineare parti importanti di una frase musicale.

Modificare leggermente il ritmo, poi, attraverso l’uso di rubato o altri mezzi, può aggiungere un senso di spontaneità e espressione.

Che cos’è il rubato in musica

Il termine “rubato” in musica si riferisce a una tecnica espressiva che coinvolge la manipolazione flessibile del tempo. Il rubato implica “rubare” del tempo da una nota o un gruppo di note e poi “restituirlo” altrove all’interno della frase musicale. Questa tecnica è usata per aggiungere espressività e pathos alla musica, permettendo ai musicisti di interpretare una composizione in modo più personale e emotivo.

Sebbene il rubato possa essere trovato in varie forme in molta musica, è spesso associato alla musica romantica. Compositori come Chopin, Schumann e Liszt hanno spesso impiegato questa tecnica nelle loro opere.

Tornando ai concetti di base del fraseggio, abbiamo l’articolazione: qui, l’attacco e il rilascio delle note, tramite staccato, legato e altri metodi, contribuisce a definire il carattere di una frase.

C’è infine il timbro: Il colore tonale e la qualità del suono possono essere adattati per aggiungere espressione e atmosfera.

Importanza del fraseggio nella performance

Il fraseggio è essenziale in ogni performance musicale. Un buon fraseggio può illuminare la struttura interna di un pezzo, evidenziando il dialogo tra diverse voci musicali e svelando la visione emotiva del compositore. I grandi musicisti sono spesso riconosciuti per la loro capacità di fraseggiare in modo convincente, dando nuova vita a pezzi noti.

Ma il fraseggio è anche una questione di interpretazione personale. Diversi musicisti possono eseguire lo stesso pezzo in modi molto diversi, a seconda di come scelgono di fraseggiare. Questo aspetto del fraseggio permette ai musicisti di esprimere la loro individualità e di comunicare direttamente con l’ascoltatore.

Federico II di Hohenstaufen, noto anche come Federico II o Federico il Grande, è stato uno dei sovrani più influenti e complessi del Medioevo europeo. La sua vita e il suo regno sono caratterizzati da numerosi fatti importanti da ricordare, che spaziano dalla sua nascita alla sua eredità duratura.

L’Imperatore del Sacro Romano Impero e Altre Corone

Federico II divenne imperatore del Sacro Romano Impero nel 1220, succedendo a suo padre Enrico VI. Tuttavia, la sua ascesa al potere non si limitò a questo titolo. Prima di diventare imperatore, aveva già regnato come re di Sicilia dal 1198 e come re di Gerusalemme dal 1225. Queste posizioni gli conferirono un’influenza significativa nel Mediterraneo e nel contesto delle Crociate.

Il suo regno in Sicilia fu particolarmente notevole per la sua politica di tolleranza religiosa e per la promozione di un governo centralizzato basato sulle leggi romane. Questo periodo è noto come la “Sicilia Sveva” e ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura e sulla giustizia nell’isola.

Il Mecenate della Scienza e il Conflitto con la Chiesa

Federico II fu non solo un sovrano politico ma anche un mecenate delle arti e delle scienze. Scrisse un trattato sulla falconeria, evidenziando il suo interesse per la caccia con gli uccelli rapaci, e fu autore di opere scientifiche, tra cui “De arte venandi cum avibus” (“Sull’arte della caccia con gli uccelli”). Quest’opera è uno dei primi testi europei sull’ornitologia e testimonia la sua passione per la conoscenza.

Tuttavia, il regno di Federico II fu anche caratterizzato da conflitti con la Chiesa cattolica, in particolare con il Papa Gregorio IX. Questi conflitti erano spesso legati alla sua politica di centralizzazione del potere e alla sua sottomissione alla Chiesa. Le tensioni culminarono in scomuniche e controversie che caratterizzarono gran parte del suo regno.

L’eredità principale di Federico II? Chi può dirlo. Il suo contributo alla scienza e alla cultura, oltre a una serie di conflitti storici che hanno lasciato un segno indelebile nella storia europea, molto probabilmente. Di sicuro è una figura affascinante – e tutt’oggi molto dibattuta.

Ho sempre trovato sciatto schierarsi nelle battaglie in cui la presa di una posizione possa implicare campanilismo. Ecco perché nel caso Favino di cui tutti stanno parlando devo spiegare la mia posizione, che è totalmente dalla parte di Favino.

Tutta politica

Purtroppo una parte delle mie motivazioni è eminentemente campanilistica: la scuola di doppiaggio, regia, recitazione e in generale cinema e teatro italiano è d’eccezione. Trovo che sia un gesto politico l’ignorarla.

Una sorta di tentativo di emancipazione, della serie “siamo diventati grandi noi cinemasti-americani e attori americani, spacchiamo il mondo e siamo famosi ovunque. Tutti ci emulano. Non abbiamo più bisogno di tributare onori a vecchie cariatidi del passato, per quanto talentuose”. Un adolescente che impara a prendere i treni da solo, e pensa che i genitori siano oramai inutili.

Ed ecco che già in House of Gucci Invece di usare attori italiani sono stati usati attori americani che fingono in modo pessimo e affettato un accento italiano.

Però vorrei spostare la valutazione dall’Italia e ampliarla. Perché non rendere il cinema un luogo di scambio artistico, invece che un’espressione unicamente campanilista?

Perché di campanilismo, guardiamoci in faccia e diciamolo apertamente, ce n’è da ambo le parti.

Sfumature artistiche

Intendo: Siete davvero così forti da potervi permettere di ignorare le infinite sfumature artistiche che conferisce al vostro film un attore madrelingua? 

Mi ricordo il monologo comico di un’attrice greca che diceva di essere stata rifiutata al cast di Troy perché “non sembrava abbastanza greca”.

Non ho modo di ricordarmi il nome dell’attrice comica, spero non vi dispiaccia la citazione monca. 

Però questo è emblematico! 

Stai facendo Troy o stai facendo un bel film? 

Ecco perché Favino ha tutto il mio appoggio, per quello che possa servire.

La Nouvelle Vague, o “Nuova Onda,” è uno dei movimenti cinematografici più influenti e iconici della storia del cinema. Emergendo nella Francia degli anni ’50 e ’60, la Nouvelle Vague ha trasformato il modo in cui il cinema viene creato, visto e discusso. Questo movimento radicale ha sfidato le convenzioni tradizionali del cinema, dando vita a un nuovo linguaggio cinematografico che ha aperto la strada a generazioni di cineasti sperimentali e innovatori. In questo articolo, esploreremo l’origine, l’eredità e l’impatto della Nouvelle Vague sul cinema mondiale.

Origini della Nouvelle Vague

La Nouvelle Vague ebbe origine nella Francia degli anni ’50, un periodo di significativi cambiamenti sociali, politici ed economici. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Francia cercava di riprendersi e riaffermare la sua identità culturale. Il governo francese ha introdotto quote sulla distribuzione di film stranieri per sostenere l’industria cinematografica nazionale, aprendo la strada a una nuova generazione di cineasti francesi.

I giovani cineasti che sarebbero diventati noti come i registi della Nouvelle Vague erano spesso provenienti da background letterari e critici cinematografici. Erano influenzati da teorie e movimenti artistici dell’epoca, come l’esistenzialismo, il surrealismo e il neorealismo italiano. Questi giovani cineasti avevano una visione fresca e sperimentale del cinema e il desiderio di sfidare le regole esistenti.

Caratteristiche della Nouvelle Vague

La Nouvelle Vague era contraddistinta da una serie di caratteristiche distintive, tra cui lo stile visivo innovativo; i registi della Nouvelle Vague usavano telecamere leggere e portatili per girare in esterni reali, spesso senza permessi ufficiali. Questo ha dato ai loro film un senso di spontaneità e realismo.

Poi, molti dei registi della Nouvelle Vague hanno scelto di lavorare con attori non professionisti o poco conosciuti, contribuendo a creare una sensazione di autenticità nei loro film. L’uso di dialoghi improvvisati e situazioni non scriptate ha reso le performance più genuine.

La Nouvelle Vague è stata anche pioniera nell’uso del montaggio come mezzo per creare significato e emozione nei film. Registi-simbolo della Nouvelle Vague come Jean-Luc Godard e François Truffaut hanno sperimentato con il montaggio non lineare, l’uso di tagli rapidi e l’approccio meta-narrativo.

Spesso questi registi sfidavano le narrazioni tradizionali, con storie non lineari, finali aperti e strutture narrative non convenzionali. Questo ha creato un senso di ambiguità e complessità nei loro film.

Longevi, pallidi, imperscrutabili: gli abitanti del Caucaso riflettono nel loro ermetismo e durezza quella che è ed è stata la loro storia.

Potremmo dire che l’instabilità profonda che l’ha riguardato ha radici con la vittoria della Russia contro la Persia, con successivo controllo della regione del Caucaso settentrionale.

Nel 1828 poi la Russia vince la guerra contro l’Impero ottomano e ottiene il controllo anche del Caucaso meridionale.

Ma dobbiamo aspettare la Rivoluzione perché il Caucaso diventi una regione autonoma all’interno dell’Unione Sovietica.

La Repubblica Federativa Democratica Transcaucasica, formata da Georgia, Armenia e Azerbaigian, dichiara l’indipendenza dall’Unione Sovietica, salvo poi venire riconquistata dopo 3 anni dall’Armata Rossa. Il Caucaso viene quindi diviso in cinque repubbliche socialiste sovietiche: Armenia, Azerbaigian, Georgia, Ossezia del Nord e Cecenia, che si dissolvono alla dissoluzione della stessa Unione Sovietica.

Tra il 1992 e il 1994 scoppia la guerra di Nagorno-Karabakh. Il conflitto si svolge tra l’Azerbaigian e l’Armenia per il controllo del Nagorno-Karabakh, una regione abitata da una maggioranza armena. La guerra termina con una vittoria dell’Armenia, che ottiene il controllo del Nagorno-Karabakh.

1994-1996: La prima guerra cecena è un conflitto tra la Russia e la Cecenia, una repubblica autonoma all’interno della Federazione Russa. La guerra termina con una vittoria della Russia, che ottiene il controllo della Cecenia. La seconda guerra cecena invece inizia nel 1999 e termina nel 2000, confermando la Russia come vittoriosa.

Abbiamo poi il conflitto tra Ossezia del Sud e Azerbaigian, che si risolve con la vittoria dell’Ossezia del Sud. Similmente, nel 2008 c’è la guerra in Georgia, un conflitto tra la Georgia e le due repubbliche separatiste dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, che vengono infine controllate dalla Russia.

Nella memoria di chi ha seguito le cronache negli anni ‘90 c’è ben stampato qualcuno di questi conflitti. Non possiamo dire che hanno avuto la stessa rilevanza di cronaca, e non possiamo dire che ebbero minimamente la stessa attenzione che adesso sta riscuotendo il conflitto in Ucraina.

La cosa ci faccia pensare a come cambiano i tempi, e a come gli scenari internazionali sono sempre infinitamente interpretabili.

Gus Van Sant è un regista noto per la sua audace sperimentazione cinematografica e la sua capacità di sfidare le norme tradizionali del cinema. Con una carriera che spazia dal cinema indipendente alle produzioni hollywoodiane, Van Sant ha dimostrato di essere un cineasta eclettico e innovatore. In questo articolo, esploreremo la vita, la carriera e lo stile distintivo di Gus Van Sant.
Una Carriera Eclettica
Gus Van Sant è nato il 24 luglio 1952 a Louisville, Kentucky, e ha iniziato la sua carriera nel cinema come regista indipendente. Il suo primo lungometraggio, “Mala Noche” (1985), è diventato un classico del cinema queer indipendente. Il film, girato in bianco e nero con un budget limitato, ha attirato l’attenzione per la sua rappresentazione cruda della vita notturna di Portland, Oregon.
Dopo il successo di “Mala Noche,” Van Sant ha continuato a dirigere film indipendenti, tra cui “Drugstore Cowboy” (1989) e “My Own Private Idaho” (1991). Questi film hanno consolidato la sua reputazione come regista audace e innovatore nel panorama del cinema indipendente.
Tuttavia, Van Sant ha anche lavorato in produzioni hollywoodiane, dirigendo film come “Good Will Hunting” (1997), che ha fruttato a Matt Damon e Ben Affleck l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale. Questa commedia drammatica ha dimostrato la versatilità di Van Sant come regista, mostrando la sua abilità nel dirigere storie di cuore e intelligenza.
Uno dei punti salienti della carriera di Van Sant è stato “Elephant” (2003), un film che affronta il tema della violenza nelle scuole e si ispira ai tragici eventi della sparatoria alla Columbine High School. Il film è stato premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes ed è stato elogiato per il suo stile sperimentale e la sua rappresentazione di una giornata scolastica attraverso diversi punti di vista.
Sperimentazione Cinematografica
La sperimentazione cinematografica è un elemento chiave dello stile di Gus Van Sant. Nel corso della sua carriera, ha utilizzato una varietà di tecniche e stili visivi per raccontare le sue storie in modi non convenzionali. Ad esempio, “Gerry” (2002) e “Last Days” (2005) presentano lunghi piani sequenza e una narrazione lenta, catturando l’atmosfera e l’esperienza dei personaggi in modo unico.
In “Elephant,” Van Sant ha adottato un approccio pseudo-documentaristico, con una regia che sembra fluire senza soluzione di continuità attraverso gli spazi della scuola. Questo stile permette allo spettatore di immergersi completamente nella storia e di comprendere l’angoscia e la confusione dei personaggi.
Un altro esempio di sperimentazione di Van Sant è “Milk” (2008), una biografia del politico e attivista gay Harvey Milk. Il film è stato girato con una sensibilità che cattura l’epoca degli anni ’70 e il movimento per i diritti LGBTQ, offrendo uno sguardo autentico sulla vita di Milk.

Mi sembra difficile valutare la portata effettiva di questa industria in termini assoluti. 

Stiamo cavando il sangue da una rapa? Oppure l’industria dei giornali è ancora in piedi e, nonostante tutto, si difende meglio rispetto ad altre industrie dei media? 

Qualcosa di interessante ce lo dice il report di Wan-Ifra, l’associazione degli editori di notizie che rappresenta circa 18.000 pubblicazioni in 120 paesi. Un report che fotografa lo stato attuale dell’industria dei giornali.

La stampa nel 2022

Il valore dei ricavi globali della stampa cartacea nel 2022 è stimato a 130,02 miliardi di dollari, un dato che comprende sia i ricavi derivanti da giornali e riviste quotidiani e settimanali, sia quelli digitali che cartacei, derivanti sia dalla diffusione che dalla pubblicità. Sono inclusi anche “altri flussi di entrate”, che considerano attività come l’e-commerce, l’organizzazione di eventi e il marketing editoriale per conto terzi.

Per avere un’idea delle proporzioni rispetto ad altri media, consideriamo i ricavi globali del 2022. I 130 miliardi di dollari superano di cinque volte i ricavi dell’industria discografica, stimati in 26,2 miliardi di dollari (in crescita dopo il collasso dei primi anni Duemila), e i ricavi del Box Office, stimati in 25,9 miliardi di dollari (in lenta ripresa ma ancora lontani dai più di 40 miliardi di dollari pre-pandemia). 

Inoltre, si avvicinano molto al mercato globale delle Pay TV, stimato in 151 miliardi di dollari, e rappresentano poco più della metà dei ricavi dei videogiochi, stimati da PwC in 235,7 miliardi di dollari.

Nel dettaglio, i ricavi globali derivanti dalla diffusione ammontano a 61,5 miliardi di dollari, rappresentando la voce più significativa (47%) dei ricavi totali. La pubblicità, invece, vale 53 miliardi di dollari (41%), mentre gli “altri ricavi” ammontano a 15,7 miliardi di dollari (12%). Diversificare il portafoglio, come in altri settoir, è diventata sempre più una necessità.

Nel confronto tra formati cartacei e digitali, il digitale ha un valore complessivo di 22,8 miliardi di dollari (di cui 8,4 miliardi provenienti dalla diffusione e 14,4 miliardi dalla pubblicità), mentre la stampa cartacea raggiunge i 91,7 miliardi di dollari (53,1 miliardi dalla diffusione e 38,6 miliardi dalla pubblicità).

Ricavi del cartaceo

In pratica, la stampa cartacea rappresenta ancora il 70% dei ricavi totali, mentre il digitale rappresenta l’18%. Come già menzionato, gli altri flussi di entrate contribuiscono al 12% complessivo. Rispetto all’anno precedente, i ricavi complessivi sono diminuiti di circa 700 milioni di dollari, una variazione minima corrispondente a circa lo 0,7%. Questo risultato rappresenta una battuta d’arresto per chi si aspettava una crescita, anche se lenta, negli anni successivi alla pandemia. Rispetto al 2021, la stampa cartacea perde 2,8 miliardi di dollari, mentre il digitale “guadagna” 1,3 miliardi di dollari. Tuttavia, a ridurre il saldo negativo nel confronto anno su anno, contribuiscono anche gli “altri flussi di entrata” per un totale di 800 milioni di dollari.

Ma quante persone sono disposte a pagare per le notizie? 

Un dato interessante è il numero di lettori che pagano per accedere alle notizie. Nel 2022, si stima che vi siano 57,6 milioni di lettori paganti digitali e 525,3 milioni di lettori paganti di giornali cartacei. 

Complessivamente, la stampa cartacea perde 23,2 miliardi di dollari (di cui 14,1 miliardi rappresentano minori ricavi pubblicitari sulla stampa), mentre i ricavi digitali guadagnano poco meno di 3 miliardi di dollari, mitigando le perdite solo in minima parte.