Archives For author

L’interesse composto è uno dei concetti più fondamentali nella finanza personale e negli investimenti. Si tratta di un potente strumento finanziario che può fare una grande differenza nel tuo patrimonio nel lungo termine. In sostanza, è un tipo di interesse che viene calcolato non solo sul capitale iniziale o principale di un investimento, ma anche sugli interessi accumulati in precedenza. 

Facciamo un esempio

Immaginate di investire $1,000 a un tasso di interesse annuale del 5% con l’interesse composto. Alla fine del primo anno, si guadagnano $50 di interesse (1,000 x 0.05). Ma qui sta la chiave: nel secondo anno, il saldo non è più di $1,000, ma di $1,050. Pertanto, ora si guadagna il 5% su $1,050, che è $52.50. 

L’effetto dell’interesse composto può essere interessante quando si parla di accumulare ricchezza nel lungo termine. Anche se il tasso di interesse può sembrare relativamente basso, la costante crescita dei guadagni complessivi può portare a risultati significativi.

Per esemplificare ciò, consideriamo un investimento di $10,000 a un tasso di interesse annuale del 6%. Senza l’interesse composto, guadagneresti $600 all’anno (10,000 x 0.06). Tuttavia, con l’interesse composto, i tuoi guadagni cresceranno progressivamente. Dopo 10 anni, avresti accumulato oltre $17,000, e dopo 20 anni, il tuo investimento sarebbe cresciuto a più di $32,000. Questo effetto di crescita continua a intensificarsi con il tempo.

Applicazioni pratiche del concetto

L’interesse composto si applica in tante azioni concrete e quotidiane. La maggior parte dei conti di risparmio e dei certificati di deposito utilizza l’interesse composto per calcolare i tuoi guadagni, giusto per citare un esempio. 

Oppure, gli investimenti in azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento e altri veicoli finanziari possono generare guadagni tramite l’interesse composto.

I fondi pensione e i piani di risparmio pensionistico, come anche i prestiti, spesso utilizzano l’interesse composto per aiutarti a costruire un patrimonio pensionistico nel tempo.

Federico II di Hohenstaufen, noto anche come Federico II o Federico il Grande, è stato uno dei sovrani più influenti e complessi del Medioevo europeo. La sua vita e il suo regno sono caratterizzati da numerosi fatti importanti da ricordare, che spaziano dalla sua nascita alla sua eredità duratura.

L’Imperatore del Sacro Romano Impero e Altre Corone

Federico II divenne imperatore del Sacro Romano Impero nel 1220, succedendo a suo padre Enrico VI. Tuttavia, la sua ascesa al potere non si limitò a questo titolo. Prima di diventare imperatore, aveva già regnato come re di Sicilia dal 1198 e come re di Gerusalemme dal 1225. Queste posizioni gli conferirono un’influenza significativa nel Mediterraneo e nel contesto delle Crociate.

Il suo regno in Sicilia fu particolarmente notevole per la sua politica di tolleranza religiosa e per la promozione di un governo centralizzato basato sulle leggi romane. Questo periodo è noto come la “Sicilia Sveva” e ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura e sulla giustizia nell’isola.

Il Mecenate della Scienza e il Conflitto con la Chiesa

Federico II fu non solo un sovrano politico ma anche un mecenate delle arti e delle scienze. Scrisse un trattato sulla falconeria, evidenziando il suo interesse per la caccia con gli uccelli rapaci, e fu autore di opere scientifiche, tra cui “De arte venandi cum avibus” (“Sull’arte della caccia con gli uccelli”). Quest’opera è uno dei primi testi europei sull’ornitologia e testimonia la sua passione per la conoscenza.

Tuttavia, il regno di Federico II fu anche caratterizzato da conflitti con la Chiesa cattolica, in particolare con il Papa Gregorio IX. Questi conflitti erano spesso legati alla sua politica di centralizzazione del potere e alla sua sottomissione alla Chiesa. Le tensioni culminarono in scomuniche e controversie che caratterizzarono gran parte del suo regno.

L’eredità principale di Federico II? Chi può dirlo. Il suo contributo alla scienza e alla cultura, oltre a una serie di conflitti storici che hanno lasciato un segno indelebile nella storia europea, molto probabilmente. Di sicuro è una figura affascinante – e tutt’oggi molto dibattuta.

Pensavi che andasse tutto bene… E invece no. 

C’è un cigno nero sempre in agguato.

Cosa significa “cigno nero”

Il termine “cigno nero” è diventato un concetto comune nel mondo della finanza per descrivere eventi imprevedibili e altamente rari che hanno un impatto significativo sui mercati finanziari e sull’economia globale. Coniato dallo statunitense Nassim Nicholas Taleb nel suo libro del 2007 intitolato “Il Cigno Nero: Come l’improbabile governa la nostra vita”, questo concetto ha guadagnato popolarità per descrivere eventi altamente imprevedibili, estremamente rari e con un impatto devastante sui mercati e sull’economia. Questi eventi sono talmente rari che spesso sfuggono a qualsiasi modello statistico o analisi di rischio tradizionale. L’idea chiave è che mentre è possibile prevedere e gestire i rischi ordinari, i cigni neri sono eventi che nessuno ha previsto e che spesso hanno conseguenze enormi.

Esempi di Cigni Neri in Finanza

  • L’Attacco dell’11 settembre 2001: Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti sono stati un evento altamente imprevedibile che ha avuto conseguenze enormi sui mercati finanziari globali, con crolli nelle borse e nei settori dell’aviazione e delle assicurazioni.
  • La Pandemia di COVID-19: La pandemia di COVID-19 che ha colpito il mondo nel 2019-2020 è un esempio recente di un cigno nero. Nessuno aveva previsto l’entità e la diffusione globale di questa malattia e l’effetto che avrebbe avuto sull’economia e sui mercati finanziari.

Dato che i cigni neri sono eventi così rari e imprevedibili, gestirli è una sfida per tutti gli interlocutori standard della finanza. La diversificazione del portafoglio è importante, così come le assicurazioni.

Nonostante la natura imprevedibile dei cigni neri, è importante condurre un’analisi dei rischi approfondita e considerare scenari estremi come parte del processo decisionale finanziario.

Gli asset manager sono figure importantissime nell’industria dei servizi finanziari, e sostanzialmente sono i responsabili della supervisione e dell’ottimizzazione dei portafogli di investimento dei clienti. 

Dato che la definizione di questa figura non è spesso chiara nel pubblico generale, mi lancio e provo a parlarne.

Cos’è un asset manager?

In termini semplici, un asset manager è un professionista o una società specializzata nella gestione degli investimenti di terzi. Con “investimenti” ci riferiamo a varie cose: azioni, obbligazioni, titoli, immobili, materie prime e altre classi di asset. L’obiettivo principale di un asset manager è quello di massimizzare i rendimenti dell’investimento, tenendo conto degli obiettivi, dei limiti di rischio e delle preferenze dei propri clienti.

Gli asset manager svolgono una vasta gamma di ruoli e responsabilità per garantire la gestione ottimale degli investimenti. Un esempio pratico: gli asset manager monitorano costantemente i mercati finanziari globali, esaminando dati economici, tendenze di mercato e sviluppi politici per prendere decisioni informate sugli investimenti.

In più, si occupano della creazione e gestione di portafogli: sulla base delle loro analisi, gli asset manager costruiscono portafogli di investimento diversificati che possono comprendere azioni, obbligazioni, fondi comuni e altri strumenti finanziari. La diversificazione mira a ridurre il rischio complessivo.

In più, queste figure monitorano e valutano costantemente il rischio associato a ciascun investimento e apportano eventuali aggiustamenti per mantenere l’aderenza agli obiettivi di rischio dei clienti.

Ricerca e Analisi: Effettuano ricerche dettagliate su aziende, settori e strumenti finanziari specifici per identificare opportunità di investimento promettenti.

E nell’economia globale?

È un errore immaginare l’asset manager SOLO come consulente di investimento. Queste figure, a mio parere, svolgono un ruolo fondamentale nell’economia globale. Contribuiscono alla circolazione efficiente del capitale, facilitando gli investimenti e l’allocazione delle risorse nei mercati finanziari. In più, con la loro competenza e le loro decisioni influenzano la crescita economica, la stabilità finanziaria e la creazione di ricchezza per gli investitori.

Infine, certo, gli asset manager sono fondamentali per promuovere la diversificazione degli investimenti, contribuendo a ridurre il rischio sistemico nei mercati finanziari. 

Le regolamentazioni rigorose a cui sono sottoposte, rispetto ad altri mercati deregolamentati, garantiscono la tutela degli interessi degli investitori e la stabilità dei mercati finanziari, oltre a tenere divulgate delle informazioni chiave per garantire la trasparenza dei mercati.

Spero di essere stato sufficientemente chiaro, senza sacrificare nulla sull’altare della semplicità!

Ho sempre trovato sciatto schierarsi nelle battaglie in cui la presa di una posizione possa implicare campanilismo. Ecco perché nel caso Favino di cui tutti stanno parlando devo spiegare la mia posizione, che è totalmente dalla parte di Favino.

Tutta politica

Purtroppo una parte delle mie motivazioni è eminentemente campanilistica: la scuola di doppiaggio, regia, recitazione e in generale cinema e teatro italiano è d’eccezione. Trovo che sia un gesto politico l’ignorarla.

Una sorta di tentativo di emancipazione, della serie “siamo diventati grandi noi cinemasti-americani e attori americani, spacchiamo il mondo e siamo famosi ovunque. Tutti ci emulano. Non abbiamo più bisogno di tributare onori a vecchie cariatidi del passato, per quanto talentuose”. Un adolescente che impara a prendere i treni da solo, e pensa che i genitori siano oramai inutili.

Ed ecco che già in House of Gucci Invece di usare attori italiani sono stati usati attori americani che fingono in modo pessimo e affettato un accento italiano.

Però vorrei spostare la valutazione dall’Italia e ampliarla. Perché non rendere il cinema un luogo di scambio artistico, invece che un’espressione unicamente campanilista?

Perché di campanilismo, guardiamoci in faccia e diciamolo apertamente, ce n’è da ambo le parti.

Sfumature artistiche

Intendo: Siete davvero così forti da potervi permettere di ignorare le infinite sfumature artistiche che conferisce al vostro film un attore madrelingua? 

Mi ricordo il monologo comico di un’attrice greca che diceva di essere stata rifiutata al cast di Troy perché “non sembrava abbastanza greca”.

Non ho modo di ricordarmi il nome dell’attrice comica, spero non vi dispiaccia la citazione monca. 

Però questo è emblematico! 

Stai facendo Troy o stai facendo un bel film? 

Ecco perché Favino ha tutto il mio appoggio, per quello che possa servire.

I pettegolezzi storici sono molti, e molti riguardano le figure più di spicco. Era sufficiente, un tempo, avere dei tratti somatici interessanti, o una vita sentimentale frizzante, o subire spesso l’influenza del peccato di gola, per finire nell’annalistica più cattiva e pruriginosa.

Napoleone Bonaparte si è in buona-parte salvato da questa china, ma abbiamo comunque potuto registrare su di lui molte controversie storiche.

Le prime biografie di Napoleone

La prima biografia di Napoleone la scrisse Louis Antoine Fauvelet de Bourrienne. Era amico e segretario personale di Napoleone, dunque scrisse una biografia basata sulla sua esperienza diretta con l’imperatore.

Oltre a lui abbiamo il barone Gaspard Gourgaud, un ufficiale militare francese che fu presente durante l’esilio di Napoleone a Sant’Elena e scrisse resoconti delle conversazioni che ebbe con l’ex-imperatore.

Altre biografie

Non mancano le biografie di chi non ha conosciuto l’imperatore direttamente, o meglio non ha condiviso la quotidianità con lui o le imprese militari.

Ci sono Adolphe Thiers, storico e politico francese, autore di una ottima biografia critica su Napoleone e di diverse monografie sul periodo napoleonico.

Un altro fu Louis Madelin, storico francese che si concentra sulla natura delle conquiste militari e politiche del sovrano.

Uscendo dalla Francia incontriamo Felix Markham, scrittore e storico britannico, che mette in luce le sfaccettature della personalità del soldato di Aiaccio, e il suo impatto indelebile sulla storia europea.

Ci sono anche Andrew Roberts, con tono abbastanza incensatorio, David Chandler, che è storico militare, sempre britannico.

Altri studiosi napoleonici 

Hanno studiato Napoleone in maniera collaterale anche François Furet, storico francese che ha affrontato il periodo rivoluzionario e napoleonico e ha scritto su come questi eventi abbiano influenzato la politica e la società francese. Insieme a lui, Adam Zamoyski, storico e scrittore polacco-britannico che ha scritto diversi libri su Napoleone e sulle sue campagne militari.

Infine, non possiamo dimenticare Jean Tulard, storico francese specializzato nell’era napoleonica, ha scritto molte opere sulla vita e l’opera di Napoleone.

Non ho citato tutti, ma c’è del materiale per crearsi in autonomia una bella lista di letture napoleoniche per l’autunno!

Ci sono molti registi famosi che hanno lavorato con attori non professionisti, spesso ottenendo risultati eccezionali. Ecco alcuni dei registi più noti che hanno adottato questa pratica:

Roberto Rossellini: Il regista italiano Roberto Rossellini è noto per il suo uso di attori non professionisti nei suoi film neorealisti, come “Roma, città aperta” (1945) e “Ladri di biciclette” (1948). Questi film hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo del neorealismo italiano.

Vittorio De Sica: Un altro importante regista neorealista italiano, Vittorio De Sica, ha lavorato con attori non professionisti in film come “Ladri di biciclette” (1948) e “Umberto D.” (1952).

Jean Renoir: Il regista francese Jean Renoir ha spesso impiegato attori non professionisti nei suoi film, come nel celebre “La grande illusione” (1937). Questo film è stato uno dei primi a fare ampio uso di attori dilettanti.

François Truffaut: Il regista della Nouvelle Vague François Truffaut ha scelto di lavorare con attori non professionisti in alcuni dei suoi film più noti, come “I 400 colpi” (1959), che ha contribuito a lanciare il movimento.

Abbas Kiarostami: Il regista iraniano Abbas Kiarostami è noto per il suo uso di attori non professionisti nei suoi film, tra cui “Dove inizia il fiume” (1999) e “Il sapore della ciliegia” (1997).

Andrei Tarkovsky: Il regista russo Andrei Tarkovsky ha scelto attori non professionisti in alcune delle sue opere, tra cui “Lo specchio” (1975), che mescola finzione e autobiografia.

Lars von Trier: Il regista danese Lars von Trier ha lavorato con attori non professionisti in film come “Idioti” (1998), parte del movimento Dogma 95, che promuoveva l’uso di attori non professionisti e una produzione più grezza.

Cristian Mungiu: Il regista rumeno Cristian Mungiu ha utilizzato attori non professionisti in film come “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni” (2007), vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes.

Aki Kaurismäki: Il regista finlandese Aki Kaurismäki è noto per il suo stile minimalista e ha spesso lavorato con attori non professionisti nei suoi film, come in “L’Uomo Senza Passato” (2002).

Gus Van Sant: Il regista americano Gus Van Sant ha lavorato con attori non professionisti in film come “My Own Private Idaho” (1991) e “Elephant” (2003).

La Nouvelle Vague, o “Nuova Onda,” è uno dei movimenti cinematografici più influenti e iconici della storia del cinema. Emergendo nella Francia degli anni ’50 e ’60, la Nouvelle Vague ha trasformato il modo in cui il cinema viene creato, visto e discusso. Questo movimento radicale ha sfidato le convenzioni tradizionali del cinema, dando vita a un nuovo linguaggio cinematografico che ha aperto la strada a generazioni di cineasti sperimentali e innovatori. In questo articolo, esploreremo l’origine, l’eredità e l’impatto della Nouvelle Vague sul cinema mondiale.

Origini della Nouvelle Vague

La Nouvelle Vague ebbe origine nella Francia degli anni ’50, un periodo di significativi cambiamenti sociali, politici ed economici. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Francia cercava di riprendersi e riaffermare la sua identità culturale. Il governo francese ha introdotto quote sulla distribuzione di film stranieri per sostenere l’industria cinematografica nazionale, aprendo la strada a una nuova generazione di cineasti francesi.

I giovani cineasti che sarebbero diventati noti come i registi della Nouvelle Vague erano spesso provenienti da background letterari e critici cinematografici. Erano influenzati da teorie e movimenti artistici dell’epoca, come l’esistenzialismo, il surrealismo e il neorealismo italiano. Questi giovani cineasti avevano una visione fresca e sperimentale del cinema e il desiderio di sfidare le regole esistenti.

Caratteristiche della Nouvelle Vague

La Nouvelle Vague era contraddistinta da una serie di caratteristiche distintive, tra cui lo stile visivo innovativo; i registi della Nouvelle Vague usavano telecamere leggere e portatili per girare in esterni reali, spesso senza permessi ufficiali. Questo ha dato ai loro film un senso di spontaneità e realismo.

Poi, molti dei registi della Nouvelle Vague hanno scelto di lavorare con attori non professionisti o poco conosciuti, contribuendo a creare una sensazione di autenticità nei loro film. L’uso di dialoghi improvvisati e situazioni non scriptate ha reso le performance più genuine.

La Nouvelle Vague è stata anche pioniera nell’uso del montaggio come mezzo per creare significato e emozione nei film. Registi-simbolo della Nouvelle Vague come Jean-Luc Godard e François Truffaut hanno sperimentato con il montaggio non lineare, l’uso di tagli rapidi e l’approccio meta-narrativo.

Spesso questi registi sfidavano le narrazioni tradizionali, con storie non lineari, finali aperti e strutture narrative non convenzionali. Questo ha creato un senso di ambiguità e complessità nei loro film.

Tra i registi più importanti della Nouvelle Vague, spiccano Jean-Luc Godard, François Truffaut, Eric Rohmer, Jacques Rivette, Claude Chabrol, Agnès Varda e Alain Resnais. Ciascuno di loro ha contribuito in modo significativo a questo movimento e ha sviluppato un proprio stile distintivo. Ad esempio, François Truffaut è noto per il suo approccio alla psicologia dei personaggi e alle relazioni umane, mentre Jean-Luc Godard è famoso per il suo stile sperimentale e le riflessioni filosofiche nei suoi film.

Film Iconici della Nouvelle Vague

La Nouvelle Vague ha prodotto alcuni dei film più iconici e influenti della storia del cinema. Ecco alcune opere fondamentali di questo movimento:

“I 400 colpi” (1959) di François Truffaut: Questo film è spesso considerato uno dei capolavori della Nouvelle Vague. Narra la storia di un giovane ribelle che cerca di sfuggire alle restrizioni della società.

“Alphaville” (1965) di Jean-Luc Godard: Questo film mescola elementi di fantascienza e distopia, esplorando la disumanizzazione della società moderna.

“L’Anno Scorso a Marienbad” (1961) di Alain Resnais: Questo film è noto per la sua narrazione enigmatica e le suggestive immagini, che sfidano le convenzioni narrative tradizionali.

“Il mio uomo” (1964) di Jean-Luc Godard: Questo film offre una riflessione complessa sul rapporto tra cinema e realtà, con Godard che si rivolge direttamente al pubblico.

Capita spesso camminando per il centro di incorrere in fenomeni antropologici quantomeno studiabili. 

Mi riferisco non solo alla variabilità del milieu che popola le strade, in quanto a classe sociale, appartenenza religiosa visibile, manifestazioni di maggiore o minore educazione, ecc.

Stavolta vorrei parlare più del vestiario. 

Ne ho vista di gente mascherata. Ho visto dei buttadentro alle prese con l’invito dei passanti nel loro locale, bardati delle peggiori divise, anche con 40 gradi all’ombra. 

Ho visto persone combattere contro il caldo a suon di capi d’abbigliamento succinti, ma anche dei look che ho trovato molto curiosi in giovanissimi e a volte persino citazionisti verso mie memorie adolescenziali.

La gente fuchsia

Ho visto uno stuolo di ragazzine e ragazzini con dei capi d’abbigliamento fuchsia e rosa. La cosa mi ha incuriosito ed è bastato una semplice ricerca Google per squarciare il velo di Maya: è uscito il nuovo film di Barbie. 

Immaginavo un’utenza infantile, ma ho scoperto con somma sorpresa che questo emblema prima di rivendicazione femminista, poi di gioco infantile soprattutto femminile, poi di strumentalizzazione del corpo femminile è stato oggetto di diverse polemiche. 

La principale dovuta al fatto che Barbie è stata rivisitata da una nota contemporanea regista femminista, Greta Gerwig. 

La mia ignoranza cinematografica mi aveva comunque consentito di ricordarla come la regista di un riadattamento recente di Piccole Donne, che mi è personalmente piaciuto molto. Ho notato una certa vena che puntava a mettere le luci dell’emancipazione femminile dei personaggi della May Alcott, però tutto sommato non trovo che disturbasse eccessivamente l’intreccio originario.

Ideologie vive

Quello che mi colpisce è la venatura ideologica che percepiscono nell’associare un modo di vestire a un global trend e quindi a una regista femminista. 

Ma non erano morte le ideologie?

Vuoi vedere che mi tocca andare al cinema per Barbie?