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La capitalizzazione, sia semplice che composta, rappresenta il cuore del concetto di interesse nel mondo finanziario. 

Parliamo di qualcosa che influenza di molto la crescita del valore del denaro nel tempo, e che si applica a una vasta gamma di prodotti finanziari, inclusi prestiti, mutui, conti di risparmio, e investimenti. Comprendere la differenza tra capitalizzazione semplice e composta è fondamentale per chiunque desideri navigare con consapevolezza nel panorama finanziario.

Capitalizzazione semplice

La capitalizzazione semplice si verifica quando l’interesse viene calcolato solo sul capitale iniziale, o principale, di un investimento o prestito, senza tener conto degli interessi accumulati nei periodi precedenti. La formula per calcolare l’interesse semplice è piuttosto diretta:

Interesse Semplice=P×r×t

dove 

  • P rappresenta il capitale principale;
  • r il tasso di interesse annuo (espresso come decimale);
  • t il tempo dell’investimento o prestito in anni. 

L’interesse semplice è quindi una funzione lineare del tempo, il che significa che l’importo degli interessi guadagnati o dovuti cresce in maniera direttamente proporzionale al passare del tempo.

Capitalizzazione composta

La capitalizzazione composta, al contrario, tiene conto sia del capitale iniziale sia degli interessi accumulati in periodi precedenti. In altre parole, gli interessi guadagnati in ogni periodo vengono aggiunti al capitale principale, e nel periodo successivo, l’interesse viene calcolato su questa nuova somma. Questo meccanismo permette agli interessi di generare altri interessi, potenziando la crescita del valore nel tempo secondo una funzione esponenziale. 

La capitalizzazione composta può avvenire su base annuale, semestrale, trimestrale, mensile o anche giornaliera, con effetti sempre più accentuati all’aumentare della frequenza di capitalizzazione.

Ok, ma all’atto pratico?

La differenza tra capitalizzazione semplice e composta ha implicazioni significative per investitori e debitori. Per gli investitori, la capitalizzazione composta offre la possibilità di accelerare la crescita del capitale nel tempo, soprattutto per investimenti a lungo termine. Per i debitori, invece, un prestito con interesse composto può comportare un costo totale maggiore rispetto a uno con interesse semplice, specialmente se il termine del prestito è lungo e la frequenza di capitalizzazione è elevata.

La scelta tra interesse semplice e composto dipenderà dagli obiettivi specifici, dalla durata dell’investimento o prestito, e dalla tolleranza al rischio di un individuo. 

La Cappadocia è una regione situata al centro dell’Anatolia, in Turchia, nota per i suoi paesaggi unici, le sue città sotterranee e le sue case scavate nella roccia. L’origine del nome “Cappadocia” si pensa derivi dal termine persiano “Katpatuka”, che significa “terra dei cavalli belli”, a testimoniare l’importanza della regione come centro di allevamento di cavalli fin dai tempi antichi. La sua posizione geografica, situata su importanti rotte commerciali, ha reso la Cappadocia un crocevia di culture, commerci e influenze tra l’Est e l’Ovest.

La Cappadocia durante la Preistoria

Nel periodo preistorico, la regione era abitata da popoli indigeni che lasciarono le prime tracce di insediamenti. Furono gli Ittiti a colonizzare per la prima volta con insediamenti stabili la Cappadocia, nel II millennio a.C.

Dopo il declino degli Ittiti, l’ascesa dei Persiani, e la Cappadocia venne annessa al vasto Impero Achemenide. Con la conquista di Alessandro Magno divenne regno ellenistico, per poi passare sotto il controllo romano. Durante il periodo romano e bizantino, la Cappadocia acquisì grande importanza come centro religioso e monastico, come testimoniano le splendide chiese rupestri decorate con affreschi bizantini.

Geografia della Cappadocia

La Cappadocia è caratterizzata da formazioni rocciose dette “camini delle fate”, è il risultato di processi vulcanici seguiti da erosioni. Questo paesaggio lunare non solo ha affascinato viaggiatori e conquistatori ma ha anche offerto rifugio e protezione agli abitanti locali nel corso dei secoli. Le città sotterranee, come quella di Derinkuyu, potevano ospitare migliaia di persone ed erano dei perfetti rifugi in tempi di invasioni.

Le invasioni turche e mongole e il post

Durante il periodo medievale la regione fu testimone di invasioni da parte di Selgiuchidi e Mongoli, finché non fu annessa all’Impero Ottomano. Sotto il dominio ottomano la Cappadocia continuò a essere un importante centro di commercio e cultura, cosa che è valsa fino ad oggi.

Ah, i derivati! Entriamo nel meraviglioso mondo della finanza creativa, dove tutto è possibile e niente è realmente quello che sembra. I derivati sono strumenti finanziari il cui valore deriva, appunto, da quello di altri asset, come azioni, obbligazioni, merci, tassi di interesse, tassi di cambio, o anche l’andamento del meteo, se ci si sente particolarmente avventurosi.

Investire in derivati è un po’ come giocare d’azzardo

Così dico sempre agli investitori più giovani.

Al di là del consueto invito a studiare, studiare e ancora studiare, i grafici e i termini complicati non devono sembrarti uno scoglio insormontabile. Se hai un debole per le emozioni forti, come vedere il tuo investimento raddoppiare o svanire nel nulla in pochi secondi, allora sì, i derivati potrebbero essere il tuo tipo di investimento. Ma attenzione, perché se anche i grandi giocatori della finanza spesso finiscono spalle al muro per questi strumenti, immagina un piccolo risparmiatore.

Quindi, lo studio è sì importante, ma cerca di accertarti sempre quale sia la tua predisposizione al rischio. 

Quindi, cosa dovrebbe fare un piccolo risparmiatore?

Beh, forse la noia dei buoni vecchi titoli di stato o un bel conto deposito, dove la tua unica emozione sarà vedere crescere lentamente il tuo capitale, senza il brivido di rischiare di perdere tutto nel tempo d’un caffè. In fin dei conti, se vuoi emozioni forti, forse è meglio un parco divertimenti. Almeno lì, se perdi qualcosa, sono solo i tuoi occhiali durante il giro sulla montagna russa.

Nemmeno quest’anno potevamo esimerci dal coro abituale di polemiche che accompagnano il festival di Sanremo. Non ho mai parlato di questa kermesse, forse perché con un certo velato snobismo l’ho considerata una forma di non-cultura.

Ma ci provo quest’anno, perché avendolo visto quasi per caso ho notato un divario evidente e incolmabile con quello che Sanremo era almeno fino a 10 anni fa. 

Innanzi tutto, devo dire che il format si sta davvero svecchiando. Per chi è abituato a guardare la tv con una certa regolarità, si nota immediatamente com altri programmi in prima serata siano rimasti lenti, farraginosi, adatti a riempire il tempo.

Differenza abissale con i contenuti che nascono per brevi lassi di tempo libero, come i film – sempre più brevi, ormai rimaniamo dentro l’ora e mezza quasi sempre! – e le ormai inflazionatissime serie tv, pensate per un pubblico che dopo 30-40 minuti già si annoia, e preferisce riprendere la storia da dove l’ha lasciata il giorno prima o la settimana prima, come un feuilleton. 

Ma un’altra grande differenza sono i cantanti in gara. Lo so, sto ripetendo qualcosa che è già stato da molti detto, ma una volta i Big erano davvero Big.

Non c’erano dei semi sconosciuti, la cultura musicale era meno granulare, più condivisa.

Oggi certo, non dubito che Geolier abbia un ampio pubblico. Ma un pensionato della Monza-Brianza, senza figli e nipoti, può conoscerlo?

Non è responsabilità degli autori o dei direttori artistici, chiaramente. Si tratta anche di un segno dei tempi: Sanremo non potrà mai tornare a rappresentare una condivisione musicale nazionale, perché la nazione non esiste più, la musica condivisa non esiste più.

Esistono i discografici di successo, le produzioni ricche, e le giovani meteore, che appassiranno al suono del prossimo altrettanto effimero genere musicale.

Quindi no, non chiedetemi di riguardare Sanremo. Una volta m’è bastata!

Continuo sul mio filone dell’educazione finanziaria di base con un concetto che tutte le persone che iniziano ad investire dovrebbero conoscere: il valore temporale del denaro (Time Value of Money, che per comodità vorrei indicare con l’acronimo TVM). 

La nozione di TMV riflette l’idea che un euro disponibile oggi valga più di un euro disponibile in futuro grazie al suo potenziale di generare ulteriori entrate tramite investimenti. In altre parole, il valore temporale del denaro si basa sul principio che le persone preferiscono ricevere denaro immediatamente piuttosto che lo stesso importo in un momento futuro, a causa della capacità del denaro di crescere attraverso investimenti o conti di risparmio che generano interessi.

Il concetto di valore temporale del denaro è cruciale in molti ambiti della finanza, inclusa la valutazione di investimenti, la pianificazione finanziaria, il leasing, il prestito e il risparmio. Esso si manifesta attraverso due meccanismi principali: il valore futuro del denaro (Future Value, FV) e il valore attuale del denaro (Present Value, PV).

Valore Futuro (FV): Il valore futuro del denaro è il valore di un investimento in un punto specifico nel futuro, tenendo conto di un tasso di interesse o di rendimento previsto. Calcolare il valore futuro consente agli investitori di prevedere quanto un investimento fatto oggi crescerà nel tempo. La formula per calcolare il FV considera il capitale iniziale, il tasso di interesse annuo, il numero di periodi di capitalizzazione per anno e il numero totale di anni.

Valore Attuale (PV): Il valore attuale è l’opposto del valore futuro. Esso determina quanto vale oggi un importo futuro, scontato a un tasso di interesse specifico. Questo concetto è ampiamente utilizzato nella valutazione di flussi di cassa futuri, come i pagamenti di un’obbligazione o i flussi di reddito da un investimento. Calcolare il valore attuale aiuta a determinare se un investimento futuro vale l’impegno di capitali oggi.

Il valore temporale del denaro è applicato utilizzando tassi di interesse, che possono essere composti (capitalizzazione degli interessi su base periodica) o semplici (interessi calcolati solo sul capitale principale). La capitalizzazione composta è più comune nella pratica finanziaria e sottolinea come gli interessi si accumulino su se stessi nel tempo.

Per comprendere meglio il TVM, consideriamo un esempio semplice: se aveste la possibilità di ricevere 1.000€ oggi o 1.000€ tra un anno, la scelta finanziariamente razionale sarebbe ricevere i soldi oggi. Questo perché quei 1.000€ potrebbero essere investiti e, supponendo un tasso di interesse annuo del 5%, varrebbero 1.050€ tra un anno. Quindi, rinunciare a 1.050€ futuri per ricevere 1.000€ tra un anno non sarebbe vantaggioso a causa del valore temporale del denaro.

Diciamolo in parole povere: il valore temporale del denaro è un pilastro fondamentale della finanza. Altrimenti, come potrebbero individui e aziende prendere decisioni informate? Quindi, da questo momento in poi siamo tenuti a dire che il denaro è tempo.

A chi non è mai capitato di intavolare un dibattito fervente su quale sia il confine oltre il quale si scavalla nel disturbo mentale?

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Quinta Edizione (DSM-5), rappresenta il punto di riferimento più autorevole e ampiamente utilizzato per la classificazione e la diagnosi dei disturbi mentali. 

Cos’è il DSM-5

Pubblicato per la prima volta nel 1952 dall’American Psychiatric Association (APA), il DSM ha subito numerose revisioni, con l’ultima, la quinta edizione, pubblicata nel 2013. Lo usano psichiatri, psicologi, assistenti sociali e altri professionisti della salute, dato che fornisce una lingua comune e criteri standardizzati per la diagnosi dei disturbi mentali.

Sebbene non sia obbligatorio, viene comunque considerato l’unità di misura per tutti i professionisti che ho elencato sopra.

Il DSM-5 è il risultato di oltre una decade di lavoro preparatorio, ricerche e ampie consultazioni con esperti nel campo della psichiatria e della psicologia. Il processo di revisione ha incluso una riconsiderazione completa delle categorie diagnostiche esistenti, l’aggiunta di nuove diagnosi e la modifica dei criteri diagnostici per riflettere meglio la comprensione attuale della salute mentale. 

Tra le modifiche più importanti rispetto al passato abbiamo la ristrutturazione delle categorie diagnostiche per riflettere meglio un continuum di disturbi, piuttosto che classi distinte, evidenziando così la natura spesso sfumata dei disturbi mentali.

Il DSM-5 copre un ampio spettro di disturbi mentali, suddivisi in categorie che includono disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi psicotici, disturbi alimentari, disturbi della personalità e molti altri. Per ogni disturbo, il manuale fornisce un insieme di criteri diagnostici che devono essere soddisfatti, insieme a note descrittive e linee guida per aiutare i clinici a fare diagnosi accurate. Inoltre, il DSM-5 introduce il concetto di dimensioni e gradi di severità per alcuni disturbi, consentendo ai clinici di valutare la gravità e il livello di disfunzione del disturbo.

Disturbi maggiori e minori

Un’altra novità importante del DSM-5 è l’introduzione dei Disturbi Neurocognitivi Maggiori e Minori. Questa distinzione ha molto senso perché tiene conto dell’impatto delle condizioni neurologiche sul funzionamento cognitivo e comportamentale. Neurologia e psichiatria sono spesso strettamente connesse e i sintomi cognitivi vanno spesso valutati nell’ambito dei disturbi mentali.

Il DSM-5 ha anche affrontato la questione del sovradiagnosi e del sovratrattamento di alcuni disturbi, in particolare nei bambini. Ad esempio, è stata introdotta una nuova diagnosi di “Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) nell’adulto”, riconoscendo che l’ADHD può persistere nell’età adulta e che i criteri diagnostici devono essere adattati per riflettere le manifestazioni del disturbo in questa popolazione.

Critiche più comuni

Nonostante la sua ampia accettazione e utilizzo, il DSM-5 non è esente da critiche. Alcuni professionisti del settore hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla patologizzazione di comportamenti e condizioni normali, ai conflitti di interesse tra gli autori del manuale e l’industria farmaceutica, e alla mancanza di sufficiente base empirica per alcuni dei nuovi disturbi e criteri diagnostici introdotti.

Come sempre, la scienza è in fieri. Per il momento, la tappa più avanzata e collettivamente condivisa a cui siamo arrivati è questa.

Mi chiedevo da ragazzo cosa significasse nella poetica dell’arte il non-finito. Nel regolare percorso della storia dell’arte scolastica, si arriva al periodo della vecchiaia di Michelangelo. L’accurata tecnica di levigatura del marmo, da lui perpetrata come un rituale sacro, comincia a scemare nei quattro Schiavi. Così vengono chiamati posteriormente i quattro uomini sbozzati grezzamente nel marmo, nell’atto di liberarsi da simboliche e letterali catene.

Il mio ricordo scolastico è sicuramente sfumato dal passare degli anni, ma sono abbastanza sicuro di aver legato indissolubilmente il concetto di modernità a quelle statue incompiute. Che poi, nella storia della critica d’arte ci sia sempre un certo ammicco verso la vaghezza, è una considerazione piuttosto ordinaria.

Il non-finito era ora descritto come necessità dell’artista, ormai famoso: doveva spostarsi da una città all’altra e da una commissione all’altra, e non poteva certo trascinarsi i manufatti con sé. In certi altri casi, e malricordo se fossero gli schiavi, il pezzo di marmo si rivelava inadatto per la scultura. Secondo la sua personalissima e celeberrima visione dello sbozzare, già nel blocco grezzo è insita la figura. Lo scultore come un fedele sacerdote/artigiano estrae significato già contenuto nella pietra che pare inespressiva. Quindi, era come se il blocco si rivelasse erroneamente interpretato.

Lo smaliziato fruitore vede l’errore scultoreo, o la necessità pratica di abbandono. O addirittura, ricordo certi compagni dalla pragmatica malizia, la pigrizia dello scultore troppo affermato.

La modernità si collocava, nella mia mente, a questo punto. Senza indulgere in interpretazioni a posteriori, o in critica d’arte, che non è il mio campo:

E’ incredibilmente moderno che un’opera abbandonata per incuria, fatta da un Nome e un Cognome rinomato, venga comunque conservata, discussa, tenuta viva.

Gli schizzi di Picasso, modernissimi e strapagati dagli acquirenti, sembrano molto più simili all’idea di opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica, come voleva Benjamin, piuttosto che alle ultra-venerate reliquie. Anche se all’occhio non esperto potrebbe risultare il contrario.

Che tu sia una giovane promessa o un habitué di grossi investimenti, la finanza può risultare ostica. Capire i concetti semplici non è impossibile, ma capirli a fondo, e trovarsi nella corrispondenza d’amorosi sensi giusta per iniziare a prendersi dei rischi, è ben più diverso.

Per iniziare ad investire in Italia oggi è necessario seguire alcuni passaggi ineliminabili.

Innanzitutto, per chi è proprio digiuno, aggiungo che dotarsi di un broker è indispensabile per operare sui mercati finanziari. 

Ma anche se si è già scelto il proprio intermediario bancario, acquisire una buona educazione finanziaria è fondamentale. 

Questo include comprendere i principi degli investimenti, i vari strumenti finanziari disponibili e i rischi associati. Una volta acquisita una base solida, è importante definire gli obiettivi finanziari personali a breve, medio e lungo termine e valutare la propria tolleranza al rischio

Non tutti vogliono rischiare con la propria finanza personale.

Ecco perché solo un’attenta ponderazione del rischio che sei disposto a correre potrai scegliere gli strumenti di investimento più adatti.

Il broker

La scelta di un broker è un passo cruciale nel processo di investimento. In Italia, sia le piattaforme di trading online che le banche offrono servizi di brokerage, consentendo l’accesso ai mercati finanziari. La selezione di un broker dovrebbe basarsi su diversi fattori, tra cui le commissioni e i costi di transazione, l’usabilità della piattaforma, l’affidabilità e la sicurezza, la qualità del servizio clienti e la disponibilità di strumenti di analisi e formazione.

Una volta selezionato il broker, si procede con l’apertura di un conto di trading, fornendo la documentazione necessaria per l’identificazione e accettando i termini di servizio. Il passo successivo è il deposito dei fondi nel conto, che permette di iniziare ad acquistare titoli. La pianificazione di una strategia di investimento è fondamentale, decidendo se adottare un approccio attivo, selezionando personalmente i titoli, o passivo, puntando su fondi indicizzati o ETF per replicare l’andamento di un indice di mercato.

Come iniziare (concretamente)

Mi rivolgo a chi si sente particolarmente spavaldo e opta per il fai-da-te: l’acquisto avviene tramite la piattaforma del broker, dove è possibile selezionare gli investimenti e piazzare ordini al mercato o limitati a un prezzo specifico. Il mio consiglio molto molto di massima è quello di regolarmente il tuo portafoglio e, se necessario, apportare modifiche per mantenere l’allineamento con gli obiettivi finanziari e la tolleranza al rischio.

Ma prima di ogni altra cosa: informati sulla normativa!

In Italia, gli investimenti sono soggetti a una normativa e a una tassazione specifiche, con le plusvalenze tassate separatamente, attualmente al 26% per la maggior parte degli strumenti finanziari. È consigliabile informarsi adeguatamente su questi aspetti, anche con l’aiuto di un consulente fiscale.

Ma ho un ultimo consiglio, che sicuramente non ti aspettavi:

Non essere sprovveduto.

La finanza non è un giochino da replicare perché ha l’allure del successo e perché nei film sembra facile.

Investire richiede un approccio ponderato e informato. Sembra facile investire – e l’atto in sé lo è – ma senza una solida informazione di base, si rischia.

Meglio viaggiare informati!

Il metodo Monte Carlo è una tecnica matematica che consente di risolvere problemi numerici attraverso la simulazione di variabili casuali. 

Questo metodo è ampiamente utilizzato in vari campi, come la finanza, la fisica, l’ingegneria, la statistica e l’informatica, per citarne alcuni. Il nome “Monte Carlo” è stato ispirato dalla città di Monaco, famosa per i suoi casinò, riflettendo l’elemento di casualità al centro di questo metodo.

Principi fondamentali

Il metodo Monte Carlo si basa su principi di statistica e probabilità per stimare valori sconosciuti o per simulare il comportamento di sistemi complessi che sono difficili o impossibili da modellare con precisione attraverso equazioni deterministiche. Al cuore di questo metodo c’è la generazione di un grande numero di esiti casuali per un processo, che vengono poi analizzati statisticamente. In finanza usiamo il metodo MonteCarlo nella valutazione del rischio e nella modellazione di prezzi di derivati. Ma è anche usato in meccanica statistica e fisica nucleare, per esempio, per simulare il comportamento di particelle subatomiche o per calcolare integrali complessi in dimensioni elevate.

Ma è un metodo usato anche in matematica e in altre scienze, per calcolare approssimazioni di integrali difficili da risolvere analiticamente.

Capire il futuro con la casualità

Il funzionamento base del metodo Monte Carlo può essere descritto con questa frase, che va a cavallo tra i Baci Perugina e la loro filosofia spiccia, e alcune grandi riflessioni sulla casualità che le grandi menti hanno prodotto. 

In sostanza, il metodo Monte Carlo parte dalla definizione del problema, tramite anche identificazione delle variabili coinvolte.

Il segreto del funzionamento del metodo è la simulazione del futuro attraverso la generazione di un grande numero di scenari per il problema, utilizzando numeri casuali per rappresentare le variabili di interesse.

C’è poi la fase più dura, quella del calcolo – da cui gli studiosi a vocazione umanista spesso rifuggono.

Eppure eseguire i calcoli necessari per ogni scenario simulato è fondamentale – altrimenti il metodo sarebbe una pseudodottrina pronta a crollare al primo confronto con la realtà..

Il suo vantaggio principale è la flessibilità, dato che viene usato non solo nei campi che ho citato sopra, ma anche in matematica, ingegneria, fisica…

Certo, non dobbiamo dimenticarci che come tutti i sistemi che richiedono uno sforzo computazionale, anche il metodo Montecarlo ha dei limiti: chi ha la capacità di calcolo, il tempo e lo spazio per mettersi a prevedere tutti gli scenari casuali possibili?

Il fraseggio musicale è l’arte di modellare le frasi musicali in un modo che renda la musica espressiva e significativa. È il tocco personale che un musicista o un cantante aggiunge a una composizione per interpretarla in modo unico, esattamente come un oratore usa differenti toni e pause per dare enfasi al proprio discorso.

Il fraseggio si riferisce alla maniera in cui vengono articolate le note e le frasi in un pezzo musicale. Abbiamo quindi l’uso della dinamica, del ritmo, del timbro e dell’articolazione: tutto serve a trasformare una serie di note da una semplice sequenza di suoni in una narrazione emotiva e coinvolgente.

Concetti di base

Innanzi tutto, uno semplice: la dinamica.

La dinamica è l’uso di volume variabile, da piano a forte, aiuta a creare tensione e rilascio, e a sottolineare parti importanti di una frase musicale.

Modificare leggermente il ritmo, poi, attraverso l’uso di rubato o altri mezzi, può aggiungere un senso di spontaneità e espressione.

Che cos’è il rubato in musica

Il termine “rubato” in musica si riferisce a una tecnica espressiva che coinvolge la manipolazione flessibile del tempo. Il rubato implica “rubare” del tempo da una nota o un gruppo di note e poi “restituirlo” altrove all’interno della frase musicale. Questa tecnica è usata per aggiungere espressività e pathos alla musica, permettendo ai musicisti di interpretare una composizione in modo più personale e emotivo.

Sebbene il rubato possa essere trovato in varie forme in molta musica, è spesso associato alla musica romantica. Compositori come Chopin, Schumann e Liszt hanno spesso impiegato questa tecnica nelle loro opere.

Tornando ai concetti di base del fraseggio, abbiamo l’articolazione: qui, l’attacco e il rilascio delle note, tramite staccato, legato e altri metodi, contribuisce a definire il carattere di una frase.

C’è infine il timbro: Il colore tonale e la qualità del suono possono essere adattati per aggiungere espressione e atmosfera.

Importanza del fraseggio nella performance

Il fraseggio è essenziale in ogni performance musicale. Un buon fraseggio può illuminare la struttura interna di un pezzo, evidenziando il dialogo tra diverse voci musicali e svelando la visione emotiva del compositore. I grandi musicisti sono spesso riconosciuti per la loro capacità di fraseggiare in modo convincente, dando nuova vita a pezzi noti.

Ma il fraseggio è anche una questione di interpretazione personale. Diversi musicisti possono eseguire lo stesso pezzo in modi molto diversi, a seconda di come scelgono di fraseggiare. Questo aspetto del fraseggio permette ai musicisti di esprimere la loro individualità e di comunicare direttamente con l’ascoltatore.